Dopo la depressione e due film “estremi” come Arirang e Amen, ambedue realizzati con una piccola videocamera digitale senza troupe o aiuto in postproduzione (nel primo è anche unico attore, nel secondo c’è anche un’attrce), Kim ki-Duk torna a dirigere in maniera “tradizionale”, anche se quando si parla di lui di convenzionale c’è poco e nulla.
Basta leggere la trama di Pietà (titolo e immagine di locandina sono ispirate dall’opera di Michelangelo) per rendersene conto: il picchiatore di uno strozzino di una città industriale coreana è noto per la sua freddezza davanti a qualsiasi tipo di storia o situazione. Ha storpiato tanti artigiani della comunità per far sì che intaschino i premi assicurativi e ripaghino il prestito e sembra non provare nessun amore per nessuno non ha nessuna persona a cui tenga. Le cose cambiano improvvisamente quando una donna comincia a seguirlo ovunque lui ...
Proiettato al Festival di Venezia Pieta: Kim ki-Duk ritorna ai suoi fasti e firma uno dei suoi più bei film...
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