E’ un documentario di finzione quello che Daniele Gaglianone imbastisce intorno ad una classe di immigrati che vogliono imparare l’italiano con il docente Valerio Mastandrea. Il film mette in scena il farsi del film stesso, cioè vediamo i fonici reali, il regista stesso che dialoga con Mastandrea e poi il loro prendere accordi per le scene e via dicendo, tutto con la medesima pulizia e stile registico con il quale subito dopo vediamo le scene recitate e non. Perchè La mia classe sostanzialmente mostra interazioni improvvisate tra immigrati che in questa classe finta discutono davvero, provano ad imparare l’italiano e così facendo raccontano se stessi e le loro difficoltà.
Non manca anche il momento, recitato, in cui uno di essi rivela di non avere più permesso di soggiorno e chiede aiuto al professore che, come il cinema italiano non manca mai di fare, essendo professore di italiano è in realtà una figura amica, solidale, buona, gentile e umanissima.
Insomma una melas...
Andando oltre il metacinema e il finto documentario Gaglianone narra senza pietà non solo l'immigrazione in Italia ma il rapporto che il cinema e le forme che la raccontano hanno con essa
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