Che Dito Montiel sia un cineasta piuttosto libero nella gestione della materia cinematografica, è fatto noto o quantomeno intuibile già dall’altrettanto libera gestione della sua vita (ex modello, artista, pugile, musicista e chi più ne ha più ne metta, come raccontato nell’autobiografico Guida per riconoscere i tuoi santi). Non stupisce quindi più di tanto il fatto che il suo Man Down, presentato al Festival di Venezia nella sezione Orizzonti, sia un complicato – prima ancora che complesso – mosaico di analessi e prolessi, che inanellano secondo uno schema inizialmente quasi incomprensibile episodi della vita di Gabriel Drummer (Shia LaBeouf), giovane marine impegnato prima sul fronte afghano e poi catapultato in un’America post apocalittica, alla disperata ricerca della moglie Nat (Kate Mara) e del figlioletto Jonathan, aiutato nella sua disperata missione di salvataggio dal fidato amico Devin (Jai Courtney).
Il film si articola su quattro linee narrativ...
Dito Montiel porta a Venezia Man Down, dramma che mescola tanti generi, forse troppi, per raccontare il trauma della guerra
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