Per tentare un’analisi quanto più lucida possibile su Una famiglia, dramma secondo di Sebastiano Riso (dopo l’esordio nel 2014 con Più buio di mezzanotte) in concorso al Festival di Venezia, è doveroso fare un passo indietro per decifrarne l’intenzione a prescindere dal risultato finale. Non c’è dubbio che, rispetto a un cumulo di storie banali presentate (anche) quest’anno in laguna, il film di Riso dimostri – almeno sulla carta – una marcia drammatica in più, non fosse altro per la mostruosità umana che mette in scena raccontando la parabola disperata di Maria (Micaela Ramazzotti), spinta dal compagno Vincent (Patrick Bruel) a dare alla luce figli destinati a coppie cui, per un motivo o per un altro, è precluso l’essere genitori.

La coercizione che Vincent esercita sulla donna rimanda, sebbene svolgendosi secondo ritualità diverse, a quella immortalata da Garrone nel suo Primo Amore, sfuggendo alla facile trappola della demonizzazione c...