Al secondo film è chiaro che Laszlo Nemes ha uno stile preciso, Il Figlio di Saul non era un esperimento ma l’annuncio di un modo di fare cinema, uno che segue i personaggi da vicinissimo lasciando quanto più è possibile lo sfondo fuori dall’immagine o al massimo sfocato dietro. Semmai è il sonoro a raccontare l’ambiente e ciò che avviene tutto intorno ai personaggi. Estremizzazione del pedinamento moderno con camera a mano (lo stile fondato dai Dardenne a fine anni ‘90 e tracimato nei 2000 in tutto il cinema da festival), Nemes tende sempre e comunque verso la tensione. Se Il Figlio di Saul era il viaggio nell’odissea di un ebreo, completamente impazzito, in un campo di concentramento quasi in dismissione in cui ci sono poche regole e tutti paiono in fuga, Tramonto è la storia di una mente lucida alla ricerca di qualcosa in un mondo in naufragio.

Siamo Budapest all’apice dell’impero austro-ungarico, abiti raffinati, cosmopolitismo e tante etnie e lingue diverse che rendono la città un...