Sequenze documentaristiche ma anche un camerawork estremamente sofisticato e fluido, lenti da genere per inquadrare scene da cinema di genere fatte di ammazzamenti e suspense, ma poi anche grandi panoramiche e totali contemplativi, Sanctorum ha una doppia anima di sangue e contemplazione, una che lentamente gli scivola addosso a mano a mano che si avvicina al finale per lasciare solo il suo scheletro psichedelico e delirante.

Ci sono omicidi e rapimenti, una guerra come quelle che spesso ci vengono raccontate tra sfruttatori e sfruttati nelle piantagioni del Messico e c’è la sparizione di un bambino, forse per l’appunto rapito, che genera ancora più ansie, preoccupazioni e tensione. Tuttavia proprio attraverso questo bambino seguiamo il lento entrare in gioco di una terza forza nel conflitto: la natura. La partita la riguarda da vicino ovviamente e ci entra tramita uomini di fuoco, animaletti o catastrofi. Sembra il concetto alla base di La Principessa Mononoke rivisto da un film sciam...