Ci sono film che nascono come progetti, come questioni di diritti acquisiti, possibilità di guadagno da parte di uno studio o ancora adattamenti scialbi e poi invece diventano altro. Questa è la storia di Il gigante di ferro, un film che era l’adattamento dell’adattamento dell’adattamento fino a che non entrò nell’equazione Brad Bird. Si trattava in origine di una storia di Ted Hughes, il poeta, che Pete Townshend (chitarrista degli Who) aveva adattato in un concept album negli anni ‘80 e da cui poi era stato creato un musical teatrale. Ecco da lì la Warner decise che se ne poteva fare qualcosa anche per il cinema.

Un primo trattamento esisteva già ed era in forma di animazione perché era stato proposto a Don Bluth (che l’aveva rifiutato) e per questo si pensò direttamente ad un altro animatore che si era fatto notare all’epoca: per l’appunto Brad Bird. Non esiste ancora una sceneggiatura a quel punto (e per fortuna) quindi Bird può cominciare quasi da zero. Stranamente gli viene...