In Italia per incassare molto, moltissimo, al cinema bisogna partire dalla televisione e questo è vero almeno dalla fine degli anni ‘70, da quando cioè la televisione è diventata per davvero un bene posseduto da tutti. È stato un comico che non è un comico (e che non nasce nemmeno come un attore) come Adriano Celentano a fondare l’archetipo cinematografico che tutt’oggi funziona e l’ha fatto nei film fondati su di lui. È quello dell’uomo comico a cui viene affiancata una ragazza bella che volendolo o suo malgrado lo spinge in un’avventura o al semplice cambiamento (che con il tempo spesso è diventata un viaggio). Era lo schema dei film di Massimo Troisi, era lo schema dei film di Carlo Verdone, era lo schema dei film di Roberto Benigni, era lo schema dei film di Leonardo Pieraccioni, era ed è lo schema dei film di Alessandro Siani ed ora è lo schema dei film di Checco Zalone. In mezzo è stato lo schema anche per tutti quei comici venuti dalla tv che ci hanno provato, a incassare con il cinema, ma non ci sono riusciti.

I primi quattro film di Checco Zalone coinvolgevano uno spostamento, avevano una ragazza a muovere il protagonista in situazioni in cui dovesse far ridere (che è molto diverso da metterlo in situazioni divertenti, nelle prime è lui a creare la battuta nelle seconde la situazione è divertente a prescindere dal personaggio). Tolo Tolo, il film del cambiamento, prevede un viaggio e ha una ragazza a spingere il protagonista, ficcandolo in situazioni in cui è lui a far ridere. La novità è che le situazioni sono di stretta attualità e in sé sarebbero tragiche.
Insomma Tolo Tolo non è un film diverso dagli altri, non ha un’idea di cinema differente da quella che ha incassato tantissimo dalla fine degli anni ‘70. Non lo si può definire “sottogenere” ma l’idea è un po’ quella, è un archetipo narrativo e al tempo stesso un modo di scrivere film che funziona sempre.

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La diversità e l’originalità di Checco Zalone poi stanno in lui, nella sua personalità, nelle situazioni che scrive e nelle battute che pensa (se volessimo essere proprio precisi la sua originalità sta nei bersagli, numerosi, che sceglie, che le battute quelle sono in realtà).
Il fatto che quest’ultimo sembri riscuotere un successo anche di critica maggiore, che sia accettato nel salotto buono delle conversazioni, che sia coccolato dalle élite e promosso dai media in generale, cosa che non avviene sempre con i film destinati ad incassi giganteschi, è più che altro dovuto al contenuto, perché la forma è sempre quella. È il cinema che Alessandro Siani ruba a Troisi e che Troisi rubava a Celentano. Un cinema molto maschile e molto individualista in cui la scrittura è sempre marginale.

È servito tantissimo l’inserimento di Paolo Virzì in Tolo Tolo, gli dà un po’ più di corposità e di struttura, ma non ha di certo cambiato quell’idea molto molto povera di commedia che abbiamo, per la quale a far ridere è il protagonista che dice qualcosa riguardo la situazione che sta vivendo.

Per quanto Virzì abbia sempre diretto (e in alcuni casi co-sceneggiato) film in cui sono le situazioni a parlare, sono gli intrecci, la scrittura pura e l’interazione di diversi personaggi a creare l’ironia o la risata, qui si è messo all’opera su un film di tutt’altro stampo, in cui pensare una scrittura di vera commedia non ha senso. Come per i film di Pieraccioni quello a cui serve la sceneggiatura è unire diversi momenti animati dal protagonista, dargli una buona fluidità, un certo grado di plausibilità e un arco narrativo piacevole. E Tolo Tolo lo fa bene. Poi la risata la porta la battutaccia, e quello è il grado zero, quello dei film di Franco e Ciccio, le cui sceneggiature recitavano “…e poi entrano Franco e Ciccio” seguite da niente, perché i due avrebbero improvvisato, la sceneggiatura serviva solo a fare in modo che trovassero una situazione.

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Anche qui su Badtaste.it abbiamo parlato di cambiamento per Tolo Tolo, ed è vero, ma è un piccolo passo per Zalone, non per il cinema che in questo film rimane immobile, che per creare vere star in grado di fare grandissimi incassi rimane legato alle televisione, che non riesce ad immaginare film molto popolari se non attraverso strutture vecchissime, che non amplia il proprio spettro espressivo anche quando, come in questo caso, il desiderio palese è di fare qualcosa di più e di meglio.

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