Il processo ai Chicago 7, uscito su Netflix qualche giorno fa (qui la nostra recensione), è già uno dei court drama più belli del decennio, una sinergia perfetta tra afflati documentaristici e quella voglia di dialoghi taglienti e di scene madre che caratterizza da sempre l’opera omnia di Aaron Sorkin. In lavorazione da quasi 15 anni e uscito nel momento storico tristemente più adatto a renderlo rilevante non solo in quanto documento storico, è la storia di uno (perdonateci il bisticcio) storico processo tenutosi a Chicago nel 1969, che vedeva sul banco degli imputati otto (poi sette) tra i presunti responsabili degli scontri tra manifestanti e polizia a Grant Park, dalle parti della convention democratica dell’agosto del 1968.
È anche una grande fantasia progressista del suo autore, che miscela sapientemente realtà, mezze verità e vere e proprie bugie per mandare un messaggio diverso da quello che i veri Chicago 7 consegnarono alla storia. Ah, prima di cominciare: se non avete visto i...
Il processo ai Chicago 7 racconta una storia a metà tra realtà e fantasia: ecco come sono andate davvero le cose, e come le ha immaginate Aaron Sorkin
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