L’attesa è finita. Ieri sera il Festival di Sanremo, la gara canora più amata dagli italiani, ha preso il via con la sua 67° edizione. Raiuno – quest’anno più che mai – ha pubblicizzato l’evento martellandoci fin dagli ultimi mesi dello scorso anno con fantasiosi (diciamo così) spot e una pubblicità esagerata su tutte le reti nazionali. Carlo Conti, conduttore e direttore artistico per il secondo anno consecutivo della kermesse musicale, solo un paio di settimane ha svelato il suo asso nella manica e, spiazzate tutte le previsioni, ha annunciato di avere scelto una co-conduttrice d’eccezione, Maria De Filippi, la più potente signora della tv. E se sul palco abbiamo trovato i due conduttori più prolifici e noti della tv italiana, lo stesso non possiamo dire dei cantanti in gara, tra cui compaiono nomi non propriamente familiari al grande pubblico.

Forse non a caso, a precedere la prima serata dell’evento canoro è stato mandato in onda uno speciale sulle canzoni che hanno fatto la storia di Sanremo, seguito da una presentazione di tutti i big che ci terranno compagnia sul palco del teatro Ariston nelle prossime cinque sere. Curioso vedere un pre Sanremo in cui ci viene raccontato chi siano alcuni cantanti della categoria campioni che però sono sconosciuti non solo al pubblico, ma anche a molti loro colleghi veri big: ci riferiamo ad un nutrito gruppetto di personaggi, tra cui Sergio Sylvestre, Alice Paba, Michele Bravi (nonostante la vittoria di quest’ultimo a X Factor 7), per citarne alcuni, provenienti da talent show e da tante visualizzazioni su Youtube, ma il cui nome e volto sfugge a chi non è più nell’età da teenager.

Chi invece non solo è conosciuto da tutti ma ieri sera ha dato lustro alla serata è stato Tiziano Ferro, che, in una suggestiva versione bianco e nero, ha aperto questa edizione del Festival con una magistrale interpretazione di “Mi sono innamorato di te” di Luigi Tenco. Ah, il fascino della tv senza colori, forse sarebbe stato meglio mantenere il tono seppia per tutto il tempo, considerati colori e fattezze di certi abiti visti poi sul palco. E a proposito di palco va detto subito che qualsiasi scenografia, dopo aver visto le creazioni di Luca Tommassini ad X Factor, seppur moderna ed elaborata pare cosa da principianti, e anche questa sanremese non fa eccezione. Tuttavia l’imponente orchestra, disposta su più piani, fa la differenza generando un bell’impatto visivo (e forse mette in ombra alcuni interpreti probabilmente non all’altezza di uno spiegamento di musicisti di tale bravura).

La prima ad esibirsi ieri è stata Giusy Ferreri, e a lei va subito il premio per il vestito più brutto della serata. Per un attimo, vista l’inquietante mise – un completo giacca pantaloni con enormi stampe raffiguranti labbra laccate e rossetti – si poteva pensare che la cantante, ex cassiera Esselunga avesse cambiato parrocchia e trovato impiego come commessa Sephora e quindi il suo abito sponsorizzasse la sua nuova attività. Ma così non è, la Ferreri si ostina a cantare e la sua esibizione, al pari del vestito, è stata la più brutta di tutte: voce e canzoni non adatte a un evento di questa portata, ma più consone a una corrida in una sagra di paese.

Anche il vestito finto nude look con applicazioni di stoffa a forma di mani guantate ad altezza seno scelto dalla poliedrica Lodovica Comello, che canta sempre sbracciandosi e facendo le faccette come se fosse in un musical, era non solo di dubbio gusto ma anche un vero pugno nell’occhio.

Niente a che vedere con l’eleganza sfoggiata da Maria De Filippi che, per tutta la prima parte della serata, ha stupito con un abito lungo nero luccicante e trasparente, salvo poi, per il secondo cambio, scegliere un abito che voleva essere ispirato agli anni ‘30 ma che, oltre a non reggere il confronto con il primo, sembrava una camicia da notte. Abiti a parte, la De Filippi si è confermata la valida professionista che è da sempre. Rimane uguale a se stessa, misurata, mai una parola in più. Lei non scende le scale come tutte, ma sulle scale ci si siede sopra, come è da sempre abituata a fare nei suoi programmi. È vero che a momenti ieri sera sembrava stesse per chiedere “possiamo levare la busta?” ma, a differenza del solito, ha sorriso spesso ed è sembrato anche che stesse davvero divertendosi. Di sicuro quella con Conti è una bella accoppiata… ma in ogni caso bisogna dire che la serata è stata troppo lenta.

Undici sono stati i big che ieri sera hanno presentato i loro brani, e nulla abbiamo udito di memorabile. Il pubblico ha applaudito entusiasta Fiorella Mannoia, data già per super favorita, e abbiamo capito che la platea mostrerebbe entusiasmo anche se la cantautrice leggesse la lista della spesa. Noiosa la canzone di Elodie, che con quelle sopracciglia nere e folte sembra un ballerino di latinoamericano ossigenato, anacronistico il pezzo di Albano e deboluccio il brano di Ron. I pezzi che ci sono piaciuti di più sono quelli di Samuel, che è bravo anche senza i Subsonica, e di Alessio Bernabei, che, come lo scorso anno, nonostante la canzone di questa edizione ricordi qualcosa di già sentito ed inizi con un enigmaticoho aperto uno spiraglio nel tuo intimo”, ha un buon tiro e presenza sul palco.

Una bella sorpresa ce l’ha riservata Clementino, rapper campano dall’animo neomelodico che sembra un personaggio del teatro di Eduardo: lui non canta, recita la sua canzone e lo fa con grande abilità. Abbiamo gradito il ritorno di Fabrizio Moro, in abito cangiante stile linea sposo Pignatelli ma strizzato in lavatrice, sempre con sguardo assassino e piacione (roba che la De Filippi non esiterebbe un attimo a portarlo direttamente sul trono di Uomini e Donne) e, insieme a lui, anche il suo alter ego versione alternativa rappresentato da Ermal Meta, cantautore non famosissimo ma che pare avere buona stoffa.

Di sicuro il momento più emozionante della serata è stato il duetto degli ospiti Tiziano Ferro e Carmen Consoli che hanno presentato la loro hit del momento “Il conforto”. Il cantante, al termine della coinvolgente esibizione, ha espresso la sua ammirazione e il suo amore a Carmen e lei, spiritosissima, reggendo un mazzo di fiori che le aveva appena consegnato Carlo Conti, rivolta al pubblico ha esclamato” E ora che faccio? Devo lanciare il bouquet”.
E da un duetto da pelle d’oca, ad un altro duetto, stavolta comico, formato dalla coppia Paola Cortellesi e Antonio Albanese – con film in uscita tra qualche giorno – che si sono divertiti a fare una parodia di un improbabile duo canoro Valeria e Nicola, cantando spezzoni di celebri brani sanremesi.

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Ma una cosa veramente brutta ieri c’è stata, e ci riferiamo all’imbarazzante monologo di Maurizio Crozza. Durante il suo intervento, in teoria in collegamento da Milano, ma che sembrava invece fosse registrato vista la totale assenza di interazione con i due conduttori, il comico genovese ha riproposto vecchi clichè. Con la solita parrucca e dentoni ha imitato Renzi e ha polemizzato su Salvini, caso Roma e sindaco Raggi, Irpef e tasse, niente che riuscisse a fare ridere il pubblico, che si è limitato ad abbozzare un poco convinto applauso. Considerando che il festival va Eurovisione, forse sarebbe stato meglio proporre battute più esilaranti e magari “internazionali”.

Il pubblico in sala, ma anche i telespettatori, hanno però potuto rifarsi e ridestarsi dal torpore con l’apparizione sul palco di Ricky Martin. La popstar portoricana ha fatto ballare tutta la platea proponendo un medley di vecchi e indimenticati successi tra cui Maria e La Vida Loca, nonché il singolo nuovo, confermandosi un bellissimo e travolgente animale da palcoscenico, disponibile, gioviale e sempre sorridente. E’ stato lui il vero sex symbol della serata, altro che Raul Bova, il quale – nelle vesti di ospite – è apparso impacciato nella presentazione dei cantanti e monoespressivo anche alla fine, quando sul palco è apparsa la sua dolce metà Rocio, già valletta di Conti nello scorso Sanremo.

La prima serata è andata. Per ora diamo un sei e mezzo, ma ci sono ampi margini di miglioramento. Sappiamo che Carlo Conti è una vecchia volpe e sa che partendo piano, non può che migliorare. E anche questa si chiama strategia.