Gli articoli con cui raccontiamo uno per uno gli episodi del documentario Allen v Farrow non sono né vogliono essere una ricostruzione dei fatti, cioè di cosa sia accaduto realmente, ma l’esatto opposto. Sono il resoconto delle tecniche attraverso le quali il documentario utilizza la lingua e gli espedienti del cinema per propugnare una tesi a discapito dell’altra.

Alla storia legale della causa tra Woody Allen e Mia Farrow abbiamo dedicato un articolo separato.

La seconda puntata di Allen v Farrow porta avanti il racconto del rapporto tra Woody Allen, Mia Farrow, Soon-Yi Previn e Dylan Farrow. In particolare rievoca le circostanze nelle quali Allen ha iniziato a frequentare Soon-Yi e poi descrive con le parole di Dylan Farrow e di altre testimoni amiche di famiglia l’accusa principale mossa ad Allen: la molestia nella soffitta della casa nel Connecticut. Per fare tutto questo affronta con più decisione di quanto aveva fatto nella prima puntata la figura di Woody Allen, lo ri-racconta al pubblico costruendo la sua immagine da capo a partire da quella nota e dai suoi film, in modo da completarla.

L’idea narrativa di tutta la puntata è quella di dimostrare la fallacia delle affermazioni di Woody Allen riguardo la relazione con Soon-Yi e poi alla fine mettere quelle affermazioni in relazione alle altre sulla molestia a Dylan, in modo che la mendacità attribuita alle prime si riversi a specchio sulle seconde. Se mente su quello allora mentirà anche su quest’altro. Il punto primario quindi è la relazione con Soon-Yi, ufficialmente iniziata nel 1992 quando la ragazza aveva 22 anni, non ufficialmente iniziata un anno prima, nella ricostruzione di Allen v Farrow anche molto molto prima (per quanto l’indagine giudiziaria abbia stabilito che prima del 1990 a malapena i due si erano parlati).

Questa relazione con una persona che Mia Farrow aveva adottato con il precedente marito André Previn e a cui Woody Allen, nel periodo in cui ha frequentato Mia Farrow, non ha mai fatto da padre (come con nessuno dei suoi figli adottivi), è vista alla luce dei molti film di Allen in cui c’è una persona adulta che ne frequenta una più giovane. Il tema è molto forte in Manhattan, in cui tra il personaggio di Allen e quello di Mariel Hemingway c’è una relazione problematica proprio per il divario di età (lei ha 17 anni, età minima perché una relazione sia legale a New York), da lì Allen v Farrow costruisce l’idea che raccontare queste storie sia indice di un disagio, di una tendenza che si riversa nella vita privata, una tendenza dannosissima. E lo fa senza dirlo, semplicemente la maniera in cui il documentario si riferisce alla storia dei due personaggi in Manhattan è come qualcosa di “reale e probabile” implicando che sia in sé qualcosa di terribile che viene ammesso con noncuranza.

Ci sono testimonianze di ragazze che dicono di essere state con Woody Allen quando avevano 17 anni a corroborare il fatto che per il regista passare dalla teoria (dei film) alla pratica (della vita) fosse un attimo. Allen v Farrow crea un universo narrativo in cui una relazione con un grosso gap di età è un problema equiparabile ad un crimine e non una pratica consentita dalla legge, posizionando Woody Allen nel reame di chi ha un problema. Addirittura il documentario riprende un articolo uscito tempo fa ad opera di un giornalista che aveva avuto accesso alle sceneggiature di Woody Allen mai diventate film, sostenendo che traboccano di scolarette 18enni con uomini più grandi (come se non bastassero i molti film effettivamente realizzati con questi personaggi a dimostrarlo). Le sceneggiature mai realizzate sono presentate come il rimosso inconscio, l’accesso a qualcosa di privato (non lo sono, per questo è stato possibile consultarle) e quindi vero. Raccontare qualcosa, così tanto e con così tanto interesse, farne un tema ricorrente della propria filmografia è, nel mondo di Allen v Farrow, un problema.

A questa ricostruzione che parte dai film (ciò che tutti conoscono e hanno visto) e li tratta come delle prove, si accompagnano chiaramente una serie di accuse che sconfesserebbero il fatto che Woody Allen frequentava Soon-Yi quando lei aveva già più di 20 anni. A Woody Allen sono lasciate solo le parole del suo libro lette da lui per l’audiolibro. È sempre qualcosa presentato non come l’altra versione dei fatti ma come la difesa. Lasciandolo parlare per secondo e facendogli idealmente rispondere a quel che il documentario dice, ma senza il grado di dettaglio che il primo ha e il libro no. Spesso sono momenti che arrivano sottolineati da musiche drammatiche. La lettura dell’audiolibro e molto asettica e viene messa accanto ai resoconti più empatici e accorati di Dylan o Mia Farrow.

Quando poi nella seconda parte della puntata si passa alla ricostruzione della molestia sessuale avvenuta nel Connecticut, questa è ricostruita da più voci. Amiche di famiglia, Mia Farrow e anche Dylan Farrow, usando i video che la prima ha girato mentre la seconda confessa in camera l’avvenuto come una prova a tutti gli effetti.

Finito questo racconto la puntata traccia il raccordo tra le sue due parti: su schermo nero compare una scritta che spiega che Woody Allen ha sempre negato di aver abusato di Dylan. Sotto un’altra scritta aggiunge che ha anche sempre negato di aver avuto atteggiamenti sessualmente inappropriati con minorenni.

La costruzione dell’antagonista come qualcuno che ha un problema con le minorenni dimostrato dai suoi film (fatti e non fatti) ma che lo nega pubblicamente, si riversa sul fatto che neghi pubblicamente di aver avuto atteggiamenti sessuali inappropriati con Dylan. Menzogna la prima e quindi menzogna la seconda.