La serie Dopesick – Dichiarazione di dipendenza ha debuttato il 12 novembre in streaming: il progetto creato da Danny Strong conduce gli spettatori alla scoperta della lotta contro la dipendenza da oppioidi attraverso il racconto di pazienti, medici e procuratori distrettuali che si sono ritrovati alle prese con i comportamenti criminali dell’azienda farmaceutica Purdue Pharma. Il cast dello show comprende Michael Keaton, Will Poulter, Peter Sarsgaard, Michael Stuhlbarg, John Hoogenakker e Kaitlyn Dever.

Lo sceneggiatore e produttore ha presentato il progetto ispirato al saggio scritto da Beth Macy rispondendo alle domande della stampa in occasione di un’interessante roundtable a cui abbiamo partecipato, ecco i passaggi più interessanti delle sue risposte.

Danny Strong ha spiegato la genesi di Dopesick raccontando:

L’idea del progetto mi era stata proposta da un produttore chiamato John Goldwyn, che era venuto da me per propormi l’idea di scrivere ed essere alla regia di un film sulla famiglia Sackler. Era stato pubblicato un articolo sul The New Yorker, più o meno nel 2017, e ha portato la storia alla ribalta nazionale. Quando l’ho letto ho pensato che poteva essere un’idea realmente interessante per una serie e ho iniziato a compiere delle ricerche. C’erano alcuni libri scritti sull’argomento e sono rimasto conquistato dalla storia, stupito dal comportamento criminale dell’azienda, dal modo in cui era gestita da pochi membri della famiglia e che avessero incassato miliardi di dollari in questo modo grottesco e ingannando le persone, riuscendo a farla franca per decenni. Tutto quanto mi ha sorpreso e ho ideato quello che è poi diventato The Dopesick.

Solo dopo aver venduto a uno studio i diritti della serie sono stati acquistati i diritti del libro di Beth Macy, senza sapere che un’altra divisione stava già sviluppando uno show su quell’argomento. Da quella situazione è nata la scelta di unire le forze:

Ho letto il libro e l’ho amato. E ho amato Beth Macy e ho pensato sarebbe stata una grandiosa collaboratrice nella creazione della serie. Beth è stata coinvolta nel team di autori ed è stato meraviglioso averla come membro del nostro team.

Un elemento su cui si è lavorato molto per portare sullo schermo le varie storie è stato il montaggio e lo showrunner ha ammesso:

Non è stato facile: è stato realmente un processo complicato che ha richiesto molto tempo per trovare l’approccio giusto, specialmente nei primi due episodi.

Strong ha inoltre spiegato:

L’intrecciarsi delle linee temporali era necessario perché volevo raccontare la storia dei procuratori distrettuali che hanno fatto emergere il caso, quella degli agenti della DEA, di Purdue Pharma, delle vittime e di come è nato tutto questo. Sono elementi che si svolgono in diversi momenti, quindi era impossibile proporre una storia lineare perché avremmo dovuto aspettare fino al settimo episodio per mostrare gli eventi avvenuti nel 2002, il personaggio affidato a Rosario Dawson probabilmente sarebbe stato introdotto nel quarto o quinto episodio. Per dare spazio a tutti gli aspetti della storia ho pensato che questo fosse l’approccio più potente per raccontare nella serie gli eventi.

Dover gestire le varie dimensioni temporali ha rappresentato però anche un vantaggio e Strong ha ricordato che in questo modo si dà vita a un gigantesco puzzle che contribuisce a creare un po’ di tensione e mistero alla storia.:

Mi è piaciuto e inoltre penso che abbiamo visto una struttura simile in vari show negli Stati Uniti e che gli spettatori siano in grado di capirla e che quindi non sarebbe stato un problema. Nei primi test gli spettatori l’hanno apprezzata. Realizzare il montaggio è stato un processo che si compie procedendo per tentativi, continuando a lavorare continuamente. Sto ancora montando l’ultimo episodio e considero il montaggio come una nuova fase di scrittura, solo che è al computer e con le scene. Quindi non sto cercando di proteggere quanto abbiamo scritto in quella fase, non mi importa lo script. Abbiamo le scene, le intepretazioni e devo rendere il risultato il più coinvolgente possibile. La mia filosofia è che sto riscrivendo tutto partendo dall’inizio.

Danny Strong ha poi parlato del coinvolgimento di Michael Keaton nella serie:

Gli abbiamo offerto la parte, è stata la prima persona che abbiamo cercato di avere nel nostro cast. Avevamo già Barry Levinson che aveva accettato di collaborare come regista, ed è fantastico avere una leggenda e icona come un premio Oscar coinvolto per realizzare il pilot e poi il secondo episodio. E credo questo abbia attirato Michael che era molto appassionato all’argomento, anche perché suo nipote è morto a causa di un’overdose. Era una tematica che lo coinvolgeva personalmente e quindi ha semplicemente accettato la parte quando ha ricevuto l’offerta.

Girare durante la pandemia è stato però un percorso pieno di ostacoli:

Avevo un regista di 79 anni che era completamente senza paura. Indossavamo tutti le mascherine e le protezioni e c’è stato un momento in cui tutto sembrava impossibile, che non saremmo mai riusciti a completare le riprese perché le produzioni degli show stavano venendo chiuse ovunque. Onestamente è stato piuttosto snervante, non tanto per la nostra salute perché era chiaro che i protocolli stessero funzionando, anche se qualcuno è diventato positivo non ha mai contagiato nessuno sul set. Le persone, in ogni caso stavano ammalandosi e ci si preoccupava per la loro salute e per la sorte della produzione che poteva essere fermata.

Strong ha sottolineato che i casi di positività nel team di Dopesick – Dichiarazione di dipendenza erano limitati agli uffici della produzione, in cui probabilmente la giovane età di alcuni dei dipendenti ha contribuito ad avere alcuni casi, ma nessuno è stato poi contagiato o è stato molto male. Lo showrunner ha comunque sottolineato che la pandemia ha causato molta ansia che si è aggiunta al normale stress che si affronta durante la realizzazione di un progetto televisivo:

Io e Jane Bartelme eravamo responsabili della produzione e dovevamo occuparci della sicurezza di un’intera troupe e del cast. Dovevamo tenere conto delle logistiche di ciò che accade quando si interrompe una produzione ed è stata una vera sfida. Jane è riuscita a compiere un lavoro incredibile nel gestire tutti questi elementi in circostanze così complicate pur di realizzare la serie.

L’obiettivo della serie, secondo il suo creatore, è poi quello di far capire agli spettatori l’entità dei crimini compiuti dalla Purdue e le conseguenze dell’azienda che ha mentito sulla sostanza che ha messo in vendita:

Hanno detto che non causava dipendenza, ma invece lo faceva. Quando si vede quanto abbiano mentito e manipolato è qualcosa di incredibile e orribile pensando a quanto siano stati poco onesti nonostante ci fosse in gioco la salute delle persone. E in più hanno provato a sfruttare la dipendenza per i loro affari. Voglio che le persone capiscano la portata delle loro azioni e al tempo stesso che si rendano conto di quello che accade al cervello quando si ha una dipendenza da oppiodi, perché lo cambia a livello chimico ed è, sotto molti aspetti, una malattia. Si tende a considerarli dei tossicodipendenti perché non riescono a uscirne, ma lo show spiega i motivi per cui non ci riescono ed è proprio perché il loro cervello ha subito dei cambiamenti, il lobo frontale è stato danneggiato e se non assumono la sostanza pensano di stare per morire. Ed è quello che significa il termine Dopesick: si tratta di quella sensazione, dell’immenso dolore e terrore che provi quando sei alle prese con il bisogno clinico della prossima dose.

Danny Strong ha quindi una speranza ben precisa:

Spero ci sia più compassione, empatia e comprensione di quello che sta realmente accadendo alle persone che hanno queste dipendenze, in modo da poter trovare un modo migliore per aiutarli a uscirne. Negli ultimi due episodi si dà spazio proprio al fatto che ci sono trattamenti e terapie che possono essere efficaci per superare o gestire la propria dipendenza. Questi medicinali sono considerati in modo controverso e giudicati negativamente. Credo che la maggior parte degli scienziati e dei dottori non pensino si debba avere questo approccio e che si tratti di qualcosa di molto efficace e che può realmente cambiare la vita delle persone in modo rapido. Quello è l’obiettivo finale: mostrare un percorso all’insegna della comprensione e mostrare che c’è un modo per dare una svolta a questa crisi orribile.

La scelta di ambientare la storia nelle comunità rurali del Maine, dell’Appalachia, del Kentucky e in Virginia è poi stata legata al fatto che è in quelle aree dove la Purdue Pharma ha iniziato a lanciare il proprio prodotto, sfruttando i lavoratori come gli agricoltori e i minatori che si infortunavano con più facilità e avevano bisogno di sostanze simili. Danny ha però voluto dare spazio a quei personaggi anche per un altro motivo:

Si tratta di una parte dei cittadini americani che non viene spesso rappresentata nell’intrattenimento e, soprattutto, nel governo americano. Penso sia per questo che Purdue sia riuscita a farla franca così a lungo: non c’era particolare attenzione per queste aree geografiche e sociali.

A contrastare l’azienda farmaceutica è poi stato il procuratore distrettuale che si occupava dell’Appalachia:

Tra le prime persone che hanno condannato la Purdue c’è John Brownlee e ammiro veramente quello che hanno fatto in queste zone.

Nonostante la tematica e le storie fossero particolarmente drammatiche e intense, sul set si è però cercato di mantenere un’atsmofera leggera:

Siamo tutti artisti e dovremmo avvicinarci a questi progetti dal punto di vista creativo, senza restare in un perpetuo stato di tristezza a causa di quello a cui stiamo lavorando. Quella situazione sarebbe negativa proprio per il processo creativo, quindi ci siamo divertiti tra autori e sul set, per quanto possibile nonostante le restrizioni causate dal COVID. Semplicemente le persone non potevano trascorrere il tempo insieme come avremmo fatto abitualmente socializzando il venerdì o il sabato sera. Quello l’ha reso diverso, ma abbiamo tenuto leggero il clima sul set, facendo sentire le persone parte del processo creativo e coinvolte, senza trasmettere la sensazione che si tratti della visione di una sola persona. Si tratta di un lavoro di squadra e le persone devono sentirsi orgogliose del lavoro compiuto. Quello è il modo in cui mi piace lavorare sul set.

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