Uno dei temi centrali nelle trattative tra gli sceneggiatori del sindacato WGA e gli studios che appartengono all’AMPTP è quello delle mini-room, una pratica sempre più diffusa che impedisce agli sceneggiatori di fare pratica e crescere attraverso il cosiddetto mentoring, che permette poi loro di fare carriera e diventare showrunner.

Ne avevamo parlato diffusamente in questo articolo, ma ora è George R.R. Martin, con un post sul suo blog, a inserirsi nel dibattito offrendo il suo punto di vista.

Martin racconta di come ha iniziato la sua carriera nel 1985, entrando nella writers room di The Twilight Zone. Se non ci fosse stato questo sistema, non avrebbe mai imparato come si fa una serie tv:

Nei primi quattordici anni della mia carriera ho scritto solo prosa; alcuni romanzi e molti racconti per Analog, Asimov’s e varie altre riviste e antologie di fantascienza. Nonostante mi piacesse molto la televisione, non ho mai sognato di scriverci fino al 1985, quando la CBS decise di lanciare una nuova versione di The Twilight Zone, e il produttore esecutivo Phil DeGuere mi invitò a scrivere un episodio per loro. Una sceneggiatura freelance: è così che si iniziava allora. Ho deciso di provarci… e a Phil e al suo team piacque. Talmente tanto che entro pochi giorni dalla consegna, ho ricevuto un’offerta per entrare a far parte dello staff. Prima ancora di capire bene cosa fosse successo, ero in viaggio per Los Angeles con un contratto di sei settimane come Staff Writer, al salario minimo sindacale, alla consegna di ogni sceneggiatura. (Negli anni ’80, Staff Writer era il gradino più basso della scala. Si capiva, perché era l’unico lavoro con “writer” nel titolo).

[…] Quello che sapevo sulla produzione televisiva quando sono sceso da quell’aereo a Burbank era… beh, così poco che non riesco a pensare a un’analogia divertente. Ma ho imparato. Ho imparato nella stanza degli sceneggiatori da Phil stesso e dallo straordinario staff che aveva assemblato per TZ: Jim Crocker, Rockne S. O’Bannon, l’incredibile Alan Brennert, Michael Cassutt, e una schiera di fantastici freelancer. E non solo riguardo ai dialoghi, alla struttura e al linguaggio della sceneggiatura. Ho imparato molte cose anche sulla produzione. Nell’istante in cui sono arrivato, Phil mi ha gettato nell’acqua profonda. Ho scritto cinque sceneggiature durante la mia stagione e mezza su TZ, e sono stato profondamente coinvolto in ogni aspetto di ognuna di esse. Non mi limitavo a scrivere la mia sceneggiatura, consegnarla e andarmene. Partecipavo alle sessioni di casting. Lavoravo con i registi. Ero presente alle letture dei copioni al tavolo. “The Last Defender of Camelot” è stata la prima delle mie sceneggiature a entrare in produzione, ed ero sul set ogni giorno. Ho visto gli stuntman provare il combattimento con la spada finale (nel foyer del set di A Cuore Aperto, come scoprimmo poi), ed ero presente quando hanno girato quella scena e qualcuno ha tagliato il naso di uno stuntman… un’incredibile lezione su ciò che può andare storto sul set. Con Phil, Jim e Harvey Frand (il nostro line producer, un altro grande che mi ha insegnato molto) guardavo i giornalieri ogni giorno. Dopo che l’episodio era finito, partecipavo a una parte della post-produzione e guardavo i montatori fare la loro magia. Ho imparato anche da loro.

Non c’è scuola di cinema al mondo che avrebbe potuto insegnarmi di più sulla produzione televisiva rispetto a ciò che ho visto sul set di Twilight Zone. Molto prima della HBO e di Game of Thrones.

[…] NESSUNA DI QUESTE COSE sarebbe stata possibile, senza ciò che ho imparato a Twilight Zone come Staff Writer e Story Editor. Ero il più giovane tra gli scrittori giovani, forse uno scrittore giovane e abbastanza affermato nel mondo della fantascienza, ma in TV ero così inesperto che sarei stato invisibile su uno schermo verde. E quella, a mio parere, è la cosa più importante per cui il Sindacato sta lottando. Il diritto di avere quel tipo di percorso, quella crescita nella carriera. Per permettere ai nuovi scrittori, ai giovani scrittori, e sì, agli scrittori di prosa, di salire la stessa scala.

[…] Le mini-rooms sono un abominio, e il rifiuto dell’AMPTP di pagare gli sceneggiatori per rimanere sul set delle loro serie durante le riprese – come parte del LAVORO, per il quale devono essere pagati, non come turisti – non è solo sbagliato, è incredibilmente miope. Se agli Story Editor del 2023 non viene permesso di acquisire alcuna esperienza di produzione, dove credete che troveremo gli showrunner nel 2033?

Il sindacato WGA ha chiesto, nel rinnovo del contratto, l’imposizione di uno staff di sceneggiatori minimo per ogni serie tv. Per le writers room di serie che devono ancora ricevere il via libera, ha proposto “minimo sei sceneggiatori, di cui quattro anche produttori”. Per quelle che hanno ricevuto il via libera e sono in produzione, ha proposto “uno sceneggiatore per episodio per le serie fino a sei episodi, oltre i quali va aggiunto uno sceneggiatore ogni due episodi, fino a un massimo di 12 sceneggiatori”. L’AMPTP ha rifiutato queste imposizioni, e ha suggerito l’istituzione di tirocini non retribuiti e basati su una lotteria (!) per invitare sul set gli sceneggiatori.

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