Il debutto alla regia di Ellen Pompeo, lo immaginavamo già e ora possiamo dirlo apertamente, è stato davvero ottimo, Be Still, My Soul ha dato all’attrice la possibilità di giocare con la macchina da presa più di quanto non si faccia solitamente in un episodio di una serie TV, puntate intimiste come questa rendono più facile sperimentare maggiormente con le telecamere, rendendole in un certo senso  più invadenti, perché lo spettatore ha la necessità, metaforicamente parlando, di essere più vicino ai suoi beniamini e nel farlo in un momento così emotivamente significativo non si sente troppo indiscreto, ma piuttosto di conforto. E di sostegno Maggie (Kelly McCreary) in questo episodio ne aveva davvero bisogno.

Maggie Pierce non è un personaggio facilissimo da amare, in realtà non è nemmeno così terribile come a volte viene descritta, il problema è che tende ad essere piuttosto chiassosa ed egocentrica e soprattutto parla molto, il fatto che questo episodio apra quindi nel segno del silenzio è in un certo senso confortante, perché prepara il pubblico a ciò che verrà dopo e tutti sapevamo che la dolce Diane non ce l’avrebbe fatta. Il fatto che quindi gli autori abbiano dato al pubblico il tempo per elaborare ciò che sarebbe avvenuto dopo è stato sicuramente apprezzabile.

Un’altra cosa che sapevamo è che la reazione di Maggie alle condizioni di salute di Diane, non sarebbe stata affatto positiva e che avrebbe combattuto – come è giusto – con le unghie e con i denti per impedire al cancro di portarle via la madre. La morte non è mai una cosa facile da accettare, per quanto inevitabile non esiste persona al mondo che non vorrebbe avere l’abilità di poter fermare il tempo ed impedire ad un proprio caro di soffrire e andarsene, e probabilmente per un chirurgo questa sensazione è persino amplificata: quando si è malati ci si affida totalmente alle cure di un medico, di un esperto, perché si occupi del decorso della malattia e per quanto aperto e sincero egli possa essere con il suo paziente, avrà sempre un quadro della condizione di salute del paziente più ampio ed analitico di quello del malato stesso, saprà sempre cosa accadrà dopo. Immaginate ora di essere un chirurgo, di avere perfetta coscienza della malattia di un vostro caro e di sapere di non poter fare nulla per fermarla: il senso di frustrazione, legato all’umano dolore, deve essere davvero insostenibile e per Maggie lo è persino di più perché, come confida a Riggs, non ha avuto l’opportunità di starle accanto fin dall’inizio, non ha potuto seguire il decorso della malattia e non ha potuto usare tutte le armi in suo possesso per combatterla e tutto per una sciocca frase detta senza avere coscienza di quanto sua madre stesse vivendo. Il senso di colpa di Maggie deve essere quindi doppiamente lacerante.

Come spiega saggiamente Richard a Diane, c’è una ragione per cui ai medici non è permesso curare i propri cari, perché inevitabilmente perdono la loro lucida compostezza e l’emotività finisce per far prendere loro decisioni sbagliate, che non fanno necessariamente il bene del paziente, ma sono volte ad attaccarsi alla vita con ogni fibra del loro essere. Per quanto difficile sia da accettare, a volte un bravo medico è anche quello che sa accompagnare con gentilezza verso la morte e che capisce quando la malattia ha vinto e non esiste più una cura: che una figlia accetti questo è quasi impossibile, quindi – per quanto fastidiosa o egoista possa apparire a volte Maggie in questo episodio – la sua reazione è più che comprensibile, perché non è il brillante chirurgo a ragionare, ma la figlia. Come è comprensibile che Diane, da madre, accetti di fare questo ultimo sacrificio per la figlia, Diane non vuole morire, lo dice chiaramente, ma questo non significa che non sia cosciente del suo destino e per questo vuole fornire alla figlia tutte le armi per accettare l’inevitabile, anche quando questo significa sottoporsi ad un doloroso ed inutile trial clinico.
Certo, Grey’s Anatomy ha sempre bisogno della sua dose di dramma e mettere in un certo senso l’esperienza di figlie di Maggie e Meredith a confronto può sembrare quasi una cattiveria, soprattutto quando Maggie accusa la sorella di non aver amato la madre e di gettato con noncuranza le sue ceneri nello scarico di un lavandino in una sala operatoria. Ma la realtà è che Meredith ha avuto tempo e modo di elaborare la perdita della madre e ha fatto pace, in molti sensi, con lo scomodo personaggio che è stata Ellis Grey, quindi capisce meglio di Maggie cosa stia accadendo e quali emozioni la sorella stia provando e mostrando di essere maturata molto in questi anni, sceglie comunque di starle accanto e supportarla, di mettersi da parte quando le viene chiesto e di essere presente quando l’inevitabile accadrà.

Anche la reazione di Richard è molto toccante, nonostante sia il padre naturale di Maggie i due non hanno ancora avuto modo di legare veramente, contribuire a mettere al mondo un figlio non è abbastanza per essere padre e Maggie ha avuto un altro uomo accanto che l’ha vista crescere e anche se lui e Diane sono divorziati, è normale che la figlia lo voglia accanto a sé in simili circostanze. Il fatto che quindi sia proprio Richard a fare in modo di farlo arrivare a Seattle quando Diane si spegne è forse il gesto più paterno che potesse fare nei confronti della figlia.

Be Still, My Soul è un’ottima ora di televisione, che ci allontana per un momento dagli sterili drammi di questa stagione e si rivela forse la migliore puntata di quest’anno, un regalo prezioso fatto per il debutto alla regia della protagonista della serie ed anche ai fan.