È un Elliot profondamente umano quello che è protagonista assoluto di questo episodio di Mr. Robot. Lo è sempre stato, ma qui, avvicinandosi a quella che dovrebbe essere la sua fine ideale, il personaggio mette da parte le sue caratteristiche più estreme, quel suo porsi quasi fuori dal mondo rispetto alle persone che lo circondano. La crisi scatenata dalla Fase 2, quelle migliaia di morti, quel clima di paura e sfiducia che emerge da una miriade di elementi sparsi nella puntata, hanno fatto breccia infine nella corazza di Elliot, e la misura pare colma. Elliot ha sempre cercato di porsi in modo molto analitico rispetto al mondo che lo circonda, e questo è stato sempre il suo punto di forza e il suo limite maggiore: ragionare tanto, costruire e decostruire il mondo in continuazione per farlo combaciare con il proprio grado di sopportazione e aspettative.

Ora, questo è un mondo che semplicemente Elliot non riesce più a comprendere, con il quale non riesce più a convivere. Grave problema: la colpa di ciò è in parte sua. Ecco quindi che il personaggio, e il titolo della puntata lo sottolinea, ragiona sulla cancellazione di ciò che è scomodo. In breve capiamo che si sta riferendo a se stesso, e che vuole porre fine alla propria vita. Compra della morfina, compie quegli ultimi passi nei confronti dei familiari di Trenton e Mobley che dovrebbero rendere un po’ di giustizia alle due vittime accusate di terrorismo, e infine sceglie un posto nel quale morire. Senonché, il fratellino di Trenton si fa vivo, lo segue, lo spinge necessariamente ad occuparsi di lui in quella che dovrebbe essere l’ultima giornata di Elliot.

Tutto ciò che vediamo viene quindi inquadrato in una visione più simbolica, come è tipico della serie di Sam Esmail. L’apparizione del ragazzino in fondo è una proiezione del sé più profondo e fanciullesco di Elliot, quello rimasto incagliato in un flashback che vediamo a inizio episodio. Qui, tra senso di colpa e rifiuto, Mr. Robot – inteso come l’altra personalità – si è costruito il proprio spazio. E sempre in un cinema nel quale, non troppo casualmente, proiettano Ritorno al futuro (c’è uno scollamento temporale tra il 2015 e l’elezione di Trump?), Elliot ritorna a quei fantasmi del passato. E ritorna in un confronto casuale tra fan il grande tema della stagione, ossia la capacità di tornare indietro per rimediare ad un errore, per poter cambiare il futuro. Almeno questo era ciò in cui Angela credeva.

Proprio Angela ritorna in conclusione di episodio, un bel momento come ce ne sono tanti in Mr. Robot, nel quale Elliot, dopo aver momentaneamente salvato se stesso, cerca di salvare anche la sua amica. Trenton e Mobley ottengono idealmente un po’ di giustizia, o almeno quel tanto che basta ad Elliot per non sentirsi inutile – a volte è tutto ciò che si può chiedere – e qualcosa si muove in direzione dell’annullamento dell’attacco. L’episodio è solidissimo come la serie di USA Network ci ha abituato. Lo stacco nella sigla, cinematografico e molto metanarrativo come di consueto, apre le porte ad un formato speciale per l’episodio, che non viene abbandonato per tutta la durata. Molto apprezzabili questi lampi sulla realtà disastrata e semidistopica nella quale ormai il mondo occidentale è sprofondato. E lo stridere di tutto ciò con la ricerca spasmodica di una normalità testimoniata dall’evento Ritorno al futuro non fa che aumentarne l’effetto. Tra gli altri riferimenti, l’inserimento di In Time, dalla colonna sonora di Bill & Ted’s Excellent Adventure, sempre legato al discorso dei viaggi nel tempo.

Mancano due episodi alla fine della stagione. Mr. Robot procede, complesso e inafferrabile come sempre, ma con una solidità e un fascino invidiabili, che non ci permettono di staccare lo sguardo dal racconto.