Robot giganteschi pilotati da alcuni giovani si assemblano per scontrarsi, episodio dopo episodio, con dei mostri enormi, in uno schema tanto consolidato quanto classico. In fondo si è sempre trattato di una questione di adattamento, con i Power Rangers, anche se la maggior parte degli spettatori l’avrebbe scoperto molto tempo dopo. E anche se quegli spettatori, gli stessi ai quali si rivolge l’effetto nostalgico dell’ultimo rifacimento hollywoodiano, li avrebbero relegati a ricordo d’infanzia, i Power Rangers avrebbero continuato il loro cammino fino ad oggi, potendo contare su circa 25 stagioni e innumerevoli incarnazioni.

Cambiano le tute, cambiano i nemici, cambiano i robot, ma la struttura della storia si mantiene quasi sempre inalterata. Nella prima incarnazione, i Mighty Morphin Power Rangers sono cinque ragazzi che frequentano la più classica – e stereotipata – delle scuole americane. Il destino di Jason, Billy, Zack, Trini e Kimberly cambia nel momento in cui la crudele Rita Repulsa e i suoi scagnozzi si liberano dalla prigione nella quale erano rimasti intrappolati per millenni. I cinque vengono scelti allora da un essere di nome Zordon, che li illumina sulla situazione e fornisce loro equipaggiamento e veicoli da battaglia. Questi ultimi sono i cosiddetti Zord, macchine dalle fattezze di animali preistorici progettati per assemblarsi e creare l’indistruttibile Megazord.

Il franchise ideato da Haim Saban e Shuki Levy ha radici molto lontane, sia nello spazio che nel tempo. Parte in Giappone con i cosiddetti Super Sentai, prodotti seriali che dal 1975 avevano stabilito un franchise consolidato e seguito, tanto da essere attivo ancora oggi a più di quarant’anni dal debutto. Il grande e variegato ombrello narrativo sotto il quale ricomprendere queste storie è il tokusatsu, nel quale rientrano prodotti di ampio respiro, tanto da essere più o meno noti anche in occidente, come i film di Godzilla, Ultraman, Kamen Raider. Tra i tanti anche la versione di Spiderman della Toei in cui il noto arrampicamuri pilota un mecha.

Nel 1993 la Saban acquista i diritti per l’utilizzo di alcune scene tratte da una serie Super Sentai intitolata Kyoryu sentai Juranger. Queste scene, principalmente momenti action, vengono integrate con le storyline più personali dei protagonisti in modo che, puntata dopo puntata, non esiste, quasi, soluzione di continuità tra i momenti inediti e quelli importati.

Impossibile chiedere qualcosa di più di una struttura episodica e molto ripetitiva. I giovani californiani di Angel Grove hanno una scena al liceo che stabilisce il tema della puntata (una paura da affrontare), appaiono Bulk e Skull, i due bulli più bullizzati di sempre, le scene di combattimento con il monster of the week crescono in intensità e dimensioni finché questa sorta di “kaiju” e Megazord si scontrano. In conclusione la lezione viene appresa e tutto torna alla normalità. Arriveranno nuovi nemici, ci sarà qualche recasting tra i protagonisti, comparirà un ranger verde che poi ritornerà come bianco, ma non ci sono sorprese e tutto si mantiene su un tono semplice, fanciullesco e senza pretese.

Le principali sorprese allora arrivano dal design dei mostri, assurdo e colorato, praticamente senza limiti. O ancora dallo stile frenetico, per montaggio, regia, movenze dei personaggi che non staranno fermi un secondo, e che in effetti è il maggiore indizio per quanto riguarda i due tipi di materiali del programma. Fa sorridere poi vedere affidato il ranger nero al ragazzo di colore e il ranger giallo alla ragazza dai tratti asiatici, ma si tratta di sensibilità diverse in periodi diversi (curiosità: nello show giapponese il ranger giallo è un uomo, almeno nella prima stagione). Ancora, l’apparizione di Bryan Cranston nel film Power Rangers non dovrebbe sorprendere troppo, dato che l’attore ha prestato la voce a più mostri apparsi nella serie.