Chi non è d’accordo è il co-CEO Ted Sarandos, che qualche giorno fa su The Hollywood Reporter si è espresso negativamente riguardo i disclaimer:
Quel contenuto è già vietato ai minori per quanto riguarda il linguaggio, e lo stesso Dave all’inizio del suo spettacolo lancia un avvertimento molto esplicito, quindi non credo sia il caso.
Il giorno dopo l’intervista, e cioè mercoledì, un centinaio di impiegati di Netflix si sono radunati fuori dagli uffici di Hollywood per protestare riguardo al modo in cui l’azienda ha gestito la vicenda. A mezzogiorno, poi, circa il 10% degli impiegati tra New York e Los Angeles hanno partecipato a un sit-in virtuale. Durante il rally, gli impiegati transgender e i loro sostenitori hanno presentato a Netflix una serie di richieste – nessuna delle quali include togliere The Closer dalla piattaforma. Si parla di creare un fondo per sostenere i talent transgender e nonbinary, revisionare le politiche della compagnia riguardanti l’uscita di contenuti “potenzialmente dannosi” assumendo responsabili appartenenti al mondo transgender e nonbinary e altro ancora.
In una lunga intervista su Deadline, intanto, Ted Sarandos ha ammesso di non aver gestito correttamente questa vicenda:
Prima di tutto ho incasinato tutto con la comunicazione interna – e non intendo solo meccanicamente. Sento che avrei dovuto assicurarmi di riconoscere subito che un gruppo di nostri impiegati era stato profondamente ferito dalla decisione che avevamo preso, e avrei dovuto capirlo prima di iniziare a razionalizzare il dolore che stavano provando. Stavano male e avrei dovuto riconoscerlo subito. […] Non abbiamo mai avuto dei leak di email verso la stampa, e quello che posso dire è che si trattava di una conversazione in corso. Avete letto un’email, doveva essere una domanda e invece è stata percepita come un’affermazione. Ma la vera affermazione sarebbe dovuta essere: ovviamente lo storytelling ha un impatto sul mondo reale, a volte positivo e a volte e a volte negativo. È il motivo per cui lavoro qui: perché possiamo rendere il mondo un posto migliore con il nostro storytelling, con la rappresentazione sullo schermo e cose così. Invece è sembrato che io dicessi che lo storytelling non ha alcun impatto sul mondo reale.
[…] Il cabaret è una forma d’arte molto particolare. I comici fanno prove su strada dei loro spettacoli, per qualcosa come due anni prima di girare lo speciale. Non veniamo coinvolti e non interferiamo sul contenuto stesso, e credo che questo sia corerente con la natura stessa della commedia e in particolare della commedia di Dave Chappelle. Non credo che togliere dei passaggi dello spettacolo o inserire un disclaimer sarebbe appropriato.
Ricordiamo che in settimana Netflix ha comunicato dati trimestrali molto positivi, con una crescita negli abbonati, nei ricavi e nei profitti.
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