La seconda stagione di Tredici è disponibile sulla piattaforma di Netflix dal 18 maggio e la produttrice della serie Joy Gorman Wettels, in un’intervista rilasciata a Indiewire, ha svelato i motivi per cui si è deciso di proseguire la storia raccontata nel romanzo scritto da Jay Asher.
La produttrice, parlando del lavoro compiuto dal creatore e showrunner Brian Yorkey, ha spiegato:

“Credo che Brian abbia realizzato qualcosa che è semplicemente super-coraggioso e ci obblighi a dare uno sguardo a quello che i giovani stanno realmente affrontando o quello che noi stessi abbiamo vissuto. Non avevamo in precedenza gli strumenti o i contenuti per unire quella distanza nella conversazione ed è davvero elettrizzante far parte di un progetto simile”.

La scelta di realizzare delle puntate inedite sembra sia legata ai personaggi creati per il piccolo schermo:

“Questi ragazzi che i nostri autori hanno creato, questi giovani realistici, tridimensionali, profondamente pieni di difetti e in grado di provare delle emozioni… Era solo l’inizio di un periodo di crescita nelle loro vite. Questa intera comunità aveva affrontato il peggior trauma che potessero mai immaginare”.

Wettels ha ricordato:

Jessica alla fine della prima stagione compie solo il primo passo ammettendo ‘Papà, mi è successo qualcosa’. E’ solo la prima tappa di un processo di guarigione dopo lo stupro. Justin Foley ha compiuto l’errore più terribile e imperdonabile della sua vita. Sente che avrebbe potuto salvare la vita della sua fidanzata e non l’ha fatto. Sta vivendo in un certo senso controllato da Bryce e ha bisogno di lui per sopravvivere, tuttavia prende questa decisione coraggiosa semplicemente di andarsene e farlo uscire dalla propria esistenza. Penso che alla fine si muoia dalla voglia di scoprire quello che accadrà a quel ragazzo”.

La produttrice ha continuato spiegando:

“Per me era impossibile non voler continuare a raccontare la storia. Si vuole davvero osservare questi giovani mentre provano a guarire e recuperare dopo il trauma più tremendo. Non riesco a immaginare come fosse possibile non avere una seconda stagione e continuare a raccontare la vita dei personaggi perché questa comunità è cambiata per sempre a causa della morte di Hannah. E questi ragazzi sono stati tutti così feriti da quanto accaduto. Alcuni perché meritavano di esserlo e altri no. Non era una questione di bianco e nero. E credo che si dovesse realmente dare loro una possibilità di raccontare il proprio punto di vista sulla storia”.

La produttrice ha poi ricordato che la serie ha potuto contare sul sostegno di molti esperti e vittime di violenza. Dopo aver partecipato all’American Foundation for Suicide Prevention Gala, inoltre, il team che ha prodotto lo show ha potuto apprezzare il modo in cui erano riusciti a contribuire ad iniziare un dialogo costruttivo e a cambiare delle vite.

Gli autori non escludono nemmeno la realizzazione di una terza stagione e la produttrice ha confermato:

“Credo realmente che ci sia ancora molto da raccontare. Questi ragazzi stanno ancora cercando di guarire. Questa comunità deve ancora andare in molti luoghi, a livello emotivo. E voglio vedere questi personaggi andare oltre nel proprio tentativo di superare i traumi”.

Che ne pensate? Vorreste una terza stagione della serie?

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Fonte: Indiewire

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