Per motivi che abbiamo elencato nel commento al season finale di Agent Carter, la miniserie andata in onda nella pausa della midseason è apparsa da subito come un oggetto anomalo e diverso nel panorama del Marvel Cinematic Universe. Discorso a parte per quanto riguarda un eventuale paragone con Agents of S.H.I.E.L.D. Si tratta di due prodotti gemelli, le prime due serie televisive della Casa delle idee, trasmesse dallo stesso network, in qualche modo genesi e apocalisse dell’organizzazione guidata per molti anni da Nick Fury. Ad aprile arriverà Daredevil, ma sarà già una nuova storia e un nuovo supereroe, l’inizio dell’interessante collaborazione con Netflix e primo passo verso il progetto Defenders. Cercando di non ridurre tutto il discorso ad un banale “qual è la migliore delle due?”, proviamo ad analizzare le differenze fondamentali tra Carter e S.H.I.E.L.D., i punti di forza e quelli di debolezza.

E partiamo con le aspettative. Quando si parla della Marvel l’attesa è sempre inevitabilmente alta, ma sicuramente Agents of S.H.I.E.L.D. era più attesa al varco. Si trattava della prima incursione sul piccolo schermo, largamente anticipata e pubblicizzata, anche nell’apparizione di Cobie Smulders nel pilot (Samuel L. Jackson sarebbe arrivato nel secondo episodio) e soprattutto dietro ogni cosa c’era la mano di Sua Maestà Joss Whedon, produttore, ma anche regista del primo episodio. C’era curiosità prima che speranza di vedere un buon prodotto. Tutto ciò si è tradotto in un debutto con ascolti fantastici e mai più replicati che hanno lasciato il posto ad un calo quasi costante tra gli spettatori. Agent Carter, nonostante un cast mediamente più noto e la spinta di Captain America (ma è stata una spinta così forte?) ha sofferto meno il naturale calo degli ascolti, ma d’altra parte non ha mai raggiunto i risultati migliori conseguiti dall’altra serie. Un prodotto più piccolo, con un pubblico più ristretto e fedele che ha seguito la serie nel corso della sua breve durata.

Lo S.H.I.E.L.D. ha avuto decisamente più difficoltà a decollare. Se dovessimo confrontare i primi otto episodi di questa serie con quelli di Agent Carter semplicemente non ci sarebbe storia. Il primo è partito come un procedurale action dall’identità mal definita, incentrato settimanalmente su un personaggio diverso: un modello davvero troppo vecchio. Lo ha salvato il fatto di essere una serie con una crescita lenta ma costante, ma ciò, anche dopo il botto della seconda stagione e le grandi potenzialità offerte dall’universo degli Inumani, non è bastato a scrollarsi di dosso un pregiudizio negativo. Agent Carter è un’altra serie in crescita, che però ha realizzato se stessa in tempi decisamente più brevi, con un maggiore equilibrio e con maggiore incisività. Forse più episodica di quanto si pensava alla vigilia, ma con una trama orizzontale ben definita e pensata fin dal principio.

E i personaggi di Agent Carter ne hanno beneficiato parecchio. Raccontare il dramma del singolo personaggio all’interno di un episodio e riportare tutto alla normalità entro la fine dei quaranta minuti è materiale da anni ’90, o comunque non certo da universo Marvel. Questo è stato S.H.I.E.L.D. per un certo periodo di tempo. In Agent Carter invece, anche per motivi di tempi più ristretti, la caratterizzazione è stata integrata nella storia. Peggy, Jarvis, Howard e gli agenti dell’SSR sono stati raccontati con il giusto ritmo e la giusta cura, merito anche di un cast migliore nelle sue componenti (Hayley Atwell fantastica ovviamente, ma anche James D’Arcy). Si è lavorato su caratteri tipici sfruttandone i punti d’ombra e costruendo una caratterizzazione che fosse meno scontata di quanto sembrasse all’inizio. Ancora una volta, ma la storia di Agents of S.H.I.E.L.D. è stata questa, nella serie di Joss Whedon questo è stato un processo molto più lungo. Ora la coppia di nerd Fitz-Simmons ha una sua storia, Skye non è la Mary-Sue della situazione, e l’arco narrativo di Grant Ward ha offerto molte sorprese, ma ci è voluta quasi una stagione intera per arrivare a ciò.

L’esito del confronto sembra scontato, ma c’è anche un’altra riflessione da fare. In poche parole: Agents of S.H.I.E.L.D. rappresenta una sfida maggiore. Agent Carter nasce come spin-off/sequel di Captain America, e si apre su una finestra di eventi lunga decenni prima dell’arrivo di Iron Man a dare il via al tutto. C’è un punto fermo e dei personaggi dai quali partire, ma c’è anche maggiore spazio di manovra, maggiori libertà e la possibilità di ragionare in termini brevi, costruendo una storia che ha un inizio, uno svolgimento e una conclusione e che, rinnovo o no, finisce qui e basta a se stessa. Lo S.H.I.E.L.D. è un prodotto di un universo in continuo mutamento, che nasce nella Fase 1, muore in Captain America – The Winter Soldier e risorge anticipando l’importante svolta degli Inumani. È una serie che su 22 episodi stagionali (comunque troppi) deve costruire una continuity forte e una trama orizzontale (nella seconda stagione ci sta riuscendo) e che ha subìto in silenzio per quasi un anno prima di poter dire la propria nell’universo della Marvel.

In poche parole, Agent Carter ha concentrato una maggiore qualità, anche grazie ad una sfida meno impegnativa, mentre Agents of S.H.I.E.L.D. ha pagato e continua a pagare un inizio troppo stentato, dal quale si è ripresa costruendo le basi per qualcosa che, in questa seconda metà di stagione, potrebbe portare ad un totale rinnovo rispetto a quanto visto finora.