Sembra che negli ultimi tempi la televisione si stia assumendo il compito di completare, o di raccontare, quelle storie troppo ingombranti o troppo difficili per il cinema. Grandissimi esempi di letteratura che in qualche modo rimangono sospesi nel limbo dell’incertezza e dell’incompiutezza, e che trovano la loro giusta conclusione, o nuova narrazione, in un medium diverso da quello pensato inizialmente.

Accadrà con Una serie di sfortunati eventi, dopo che il vecchio e riuscito film si era fermato ai primi tre libri, dovrebbe accadere con L’ombra dello Scorpione, al posto – o forse prima, in realtà ancora nulla è definitivo – del progetto cinematografico che avrebbe dovuto essere diviso in quattro film, accadrà con il ciclo delle Fondazioni, con la HBO a raccontarci una storia che per molto tempo è stata al centro di un progetto affidato a Roland Emmerich. E, notizia di ieri, accadrà anche con la trilogia fantasy Queste Oscure Materie di Philip Pullman.

Da un verso specifico del Paradiso Perduto di Milton lo scrittore inglese ha tratto un universo affascinante, di una bellezza e ricercatezza sofisticata e sorprendente, in grado di emanciparsi dalla semplice avventura per ragazzi per diventare a poco a poco qualcosa di imponente. Perché è veramente difficile far rientrare la saga negli schemi prefissati e ben conosciuti del fantasy classico, sia quello più epico alla Tolkien o quello più “realistico” alla Martin. C’è il bene e c’è il male, ma c’è un intimismo che tocca delle corde particolari, c’è un lavoro di worldbuilding che è fuori da ogni modello e da ogni possibile anticipazione, ci sono tematiche che fondono spiritualità, filosofia e scienza in una visione unica e lucidissima.

E naturalmente c’è tutto ciò che rende una storia degna di essere raccontata: il senso dell’avventura e della meraviglia, i grandi personaggi e le invenzioni visive, la tensione del racconto e il coinvolgimento più grande. E tutto questo, spesso, è stato frainteso, tant’è che, forse per autocensura, il film del 2007 – che in fondo non era tanto male, fin dall’ottimo casting – glissava su alcuni aspetti, chiudeva con un finale anticlimatico e imperdonabile, quando invece La bussola d’oro ha una chiusura straordinaria, e si attirava così più critiche che elogi.

Peccato che quello che spesso è stato etichettato, con una certa fretta e una certa banalità, come un semplice libro anticlericale, dietro le tracce della Polvere e le lancette dell’Aletiometro nasconda un’idea e una tematica più sottili. Nei suoi libri Pullman, che non vuole solo distruggere e provocare, mira invece a distinguere prima di costruire. Invita a ragionare sulle strutture di potere di qualunque tipo, sulla manipolazione dei riti e del linguaggio, sulla schiavitù della mente a costumi e credenze che non ci appartengono e che sono una distorsione della realtà. Ci invita a credere (perché c’è qualcosa in cui credere), ma a scegliere di farlo secondo la nostra coscienza e la nostra libertà.

Tutto questo sperando che la BBC One, una volta deciso di realizzare il progetto, e considerando l’esperienza precedente, voglia realizzare qualcosa di fedele e corretto. Considerando l’ottima trasposizione che il network ha realizzato quest’anno con Jonathan Strange & Mr. Norrell, c’è molta fiducia.