“In light of this week’s tragic events in Paris, we remind viewers that Homeland contains content that some may find upsetting.”

Mentre show come Supergirl, NCIS: Los Angeles e Legends hanno deciso questa settimana di posticipare i loro episodi designati in risposta agli eventi di Parigi, Homeland è andato in onda senza modifiche al palinsesto (stesso discorso per Quantico), semplicemente esprimendo solidarietà alle vittime degli attacchi con un disclaimer. Prima di qualunque altra considerazione bisogna puntualizzare due elementi molto importanti: il primo è che la decisione di sostituire gli episodi previsti di Supergirl e NCIS non è un fatto nuovo, anzi è quasi una prassi quando accadono eventi drammatici (l’ultimo caso pochi mesi fa con il finale di Mr. Robot), il secondo è che quindi la matrice di ciò che è accaduto a Parigi e tutto il complicato scenario nel quale è scaturita non sono le cause specifiche della decisione.

Ripetiamo, non esiste uno specifico argomento tabù sul quale scattano censure e slittamenti, non si tratta di una decisione ad hoc, semplicemente è un qualcosa che accade spesso a prescindere dalla natura dell’evento drammatico. Homeland è senza dubbio in questo momento la serie più “collegata” al contesto nel quale sono avvenuti gli attentati: non si parla quest’anno di generico terrorismo internazionale, ma si fanno nomi ben precisi anche se il resto è fantapolitica. Lo Stato Islamico, la Siria, Israele, fatti e volti noti da cui prende spunto la storia inventata dagli autori. Ognuno la vedrà come vuole, ma l’idea che qui si vuole esprimere è che chi ha confermato la programmazione abbia fatto la scelta più corretta.

C’è questa generica idea di politicamente corretto per la quale si mancherebbe di rispetto semplicemente raccontando una storia di finzione, ovviamente ideata prima dell’evento in sé. Peraltro dimostrando una notevole fantasia, ricostruendo scenari in cui lo spettatore occasionale riconosce un collegamento e si indigna per le somiglianze tra fiction e realtà (in Supergirl!). Lo stesso messaggio riportato all’inizio dell’articolo andrebbe meglio analizzato: “contiene contenuti che alcune persone potrebbero trovare offensivi”. Un’avvertenza così generica che sostituendo il nome del programma potrebbe esserre applicata a qualunque cosa.

Un’autocensura – comprensibile e legittima, le emittenti agiscono solo rispetto ad un pubblico che evidentemente si aspetta una certa risposta – che nasce per evitare di urtare quella grande e delicata bolla di sensibilità che ci circonda. Forse però con questa preoccupazione sfugge l’idea, questa sì in qualche modo collegata agli eventi specifici che sono accaduti, che il condizionamento e le limitazioni ingiuste sarebbero proprio quei comportamenti che andrebbero evitati. Tra parentesi una persona con un po’ di malizia e cattiveria in più potrebbe notare che far slittare il “dramma” di una settimana per non turbare la sensibilità delle persone è un controsenso (vorrebbe dire che tra una settimana non ci interessa più?).

Naturalmente l’argomento, che è solo un granello di sabbia rispetto a tutto il contesto che lo circonda, è complesso e aperto a molte interpretazioni. Le risposte emotive sono difficili da prevedere ed è facile indicare cosa sarebbe giusto fare e cosa no in mancanza di responsabilità. Semplicemente qui si voleva dare solo un piccolo spunto di riflessione sulla questione.