Ci sono tantissimi motivi per i quali la prima stagione di True Detective è stata “un’eccezione”. Non è stata girata in maniera convenzionale (avevate mai visto un piano sequenza di 7 minuti in una serie tv? No, perché non c’è mai il tempo per una follia del genere), non è stata sceneggiata in maniera convenzionale (i primi due episodi sono stati scritti subito, poi gli altri 6 dopo aver preso McConaughey e Harrelson e poi di nuovo i primi due sono stati riscritti) e quindi non è stata nemmeno doppiata in maniera convenzionale.

Il doppiaggio delle serie tv non è mai facile, è una pratica pagata meno e molto “svelta”, i tempi sono sempre più compressi e spesso questo fa sì che siano meno precisi, curati e doverosi di quelli per il cinema. Invece in questo caso Sky ha chiamato Rodolfo Bianchi a dirigere le operazioni (lui, abbonato al cinema d’autore europeo o ad autori americani come Scorsese). Bianchi a sua volta ha chiamato Pino Insegno per Woody Harrelson e Adriano Giannini per Matthew McConaughey, anche se non sono sempre i loro doppiatori e anche se non doppiano praticamente mai serie tv.

Per questa serie che somiglia ad un lungo film (lo so, è l’espressione più abusata in assoluto quando si parla di ottima televisione ma stavolta le competenze erano proprio tutte quelle del cinema) si è lavorato più o meno come per i film.

Abbiamo incontrato proprio Rodolfo Bianchi e Pino Insegno che, a margine della visione di qualche contenuto extra del Blu-Ray della prima stagione in uscita oggi, ci hanno parlato delle peculiarietà di questo doppiaggio partendo sempre da un assunto che dire fondamentale è poco, e lo dice Rodolfo Bianchi (voce tra gli altri di Gerard Depardieu, Jeff Bridges, Tommy Lee Jones e Chuck Norris):

Rodolfo Bianchi: “Quando me l’hanno proposto ho risposto come mi capita spesso davanti al cinema d’autore o ai film di Scorsese, ho detto: Non si può doppiare. Quando vedo cose così particolari mi dico sempre che è troppo meglio l’originale, noi possiamo avvicinarci e dare il massimo di noi stessi se abbiamo tempo e modo, creare atmosfere o rispettare le intenzioni, cercare di riproporre le emozioni ma non saranno mai quelle degli attori sul set. Al massimo possiamo cercare di mettere delle emozioni che siano fruibili per il pubblico”.

Partendo con questa ammissione molto sincera e onesta, Rodolfo ha lavorato assieme a Pino Insegno e Adriano Giannini in maniera peculiare.

RB: “Innanzitutto li ho divisi, ho lavorato prima con uno e poi con l’altro su tutta la parte dell’interrogatorio nel presente, più roca e dura. Dopodichè quella nel passato e infine le singole scene. Ma sempre separati. Creavo anche un minimo di tensione tra i due, come avviene per i personaggi, dicendogli che era stato meglio l’altro” (ride).

Pino Insegno: “Si è stato un lavoro molto lungo rispetto a quel che di solito si fa per la tv. Lavorare con Rodolfo è come lavorare con un intagliatore di diamanti, lui sta chiuso anche 9 ore in una sala. Considerate che la stagione dura 8 ore e noi avremo fatto si e no 100 ore di turni, per parti che se ascoltate tutte insieme dureranno un’oretta l’una”.

Come mai queste voci non “usuali” per questi due attori?

RB: “Quella di mantenere le voci a cui il pubblico è abituato è una consuetudine non sempre sensata per me, specie nel caso di un prodotto che si stacca dai canoni come questo bisogna cercare nuove aderenze. Penso che ogni film debba avere la sua voce e che non è detto che lo stesso doppiatore debba seguire sempre il medesimo attore, specie nel caso di performance diverse o vocalità diverse. Io ho doppiato Keitel in Il cattivo tenente, adesso l’ho rifatto in Youth di Sorrrentino, in mezzo altri l’hanno doppiato e molto bene ma penso sia giusto così, non tutti possiamo fare tutto. Io stesso per Dallas Buyers Club non ho preso Giannini ma un altro per doppiare McConaughey”.

Ci sono stati punti più difficili da doppiare?

PI: “Per me e stato tutto difficile, anche quando stanno in macchina e parlano. È tutto difficile anche nella semplicità. Dietro un “Buongiorno” c’è una difficoltà incredibile perché non sai mai come dirlo e non la puoi fare mille volte altrimenti perdi la sincerità. Forse però la parte più complessa sono le scazzottate, lì è complicatissimo fare i mugugni, le sbuffate di sforzo e tutti i suoni con la bocca perfettamente a sincrono. La rissa tra Rust e Marty l’abbiamo fatta almeno 40 volte”

RB: “Su questo non concordo, per me come direttore del doppiaggio la cosa più difficile è sicuramente impostare i personaggi, quindi trovo più difficili scene come gli interrogatori”.

 

truedetective-woodymatthew

 

Come vivete il fatto che molta gente si sveglia anche alle 3 del mattino per vedere le puntate in originale?

PI: “È vero che c’è chi guarda le puntate di Il trono di spade alle 3 del mattino. Malati senza affetti, gente che vuole vedere orchi e barriere alle tre del mattino, cioè non ce poi avè una ragazza, una famiglia, qualcuno che ti vuole bene… È come se io mi alzassi alle tre e un quarto per vedere Lazio-Piacenza. Comunque sono ascolti minori e di nicchia quelli delle trasmissioni in lingua originale. E in generale non sono tanti che vedono le serie su Sky, Il trono di spade fa più ascolti quando passa su Rai4. E sicuramente poi molti li guardano scaricati in originale. Ma io sono contento eh, cioè se sai l’inglese Shakespeare leggitelo in inglese! Altrimenti ti serve un buon adattamento”.

RB: “Adesso si fanno molto le trasmissioni in contemporanea e poi una settimana dopo doppiate. Il problema è che noi riceviamo la puntata quando va in onda, cioè abbiamo solo una settimana per fare l’edizione italiana, il che significa un giorno per doppiare (perché poi c’è il missaggio e tutte altre operazioni). Il cinema in questo senso è un isola felice, ancora ci lasciano la possibilità di lavorare in maniera decente. Lavorando velocemente invece gli errori aumentano, più corri più ti scappano cose, al cinema si sta più attenti e cerchiamo di dare prodotti migliori.
Per doppiare The Following o la seconda di True Detective avevo per l’appunto un giorno o un giorno e mezzo a puntata e non può venire un lavoro all’altezza di quello fatto per la prima stagione. Cioè non abbiamo nemmeno tutta la sceneggiatura ma solo il rilevamento dei dialoghi, non sappiamo niente. Allora è chiaro che non puoi curare tutto. Troppo bravi siamo con queste pressioni, ma del resto il mercato è questo. Certo io non capisco perché i produttori di queste serie non si fidino di noi e non ci diano le sceneggiature per tempo…”

Come vivete il fatto che spesso vengono chiamati dei talent a doppiare e non dei doppiatori?

PI: “Per me è uno schifo. Cioè in America chiamano attori famosi e li fanno recitare, non doppiare, poi costruiscono i cartoni intorno alla loro performance, perché quelli non sanno doppiare. Noi per equiparare chiamiamo personaggi famosi, cosa che non porta nulla se non rovinare il film. L’era glaciale è un bell’esempio perchè io e Leo Gullotta siamo doppiatori e Bisio che non lo è, comunque è bravissimo perché è un caratterista e la parte è giusta per il lui ma il film sarebbe stato un successo ugualmente, non centrano niente i talent. Shaolin soccer l’abbiamo distrutto, abbiamo distrutto un film, e c’ero anche io perché davamo tutti i soldi in beneficienza all’ospedale Bambin Gesù era una bella cosa ma l’abbiamo distrutto. Non aveva senso, doppiavo e sentivo i calciatori che mi rispondevano…”

RB: “Io non sono cosi drastico sull’uso dei talent. Penso non ce ne sia bisogno, i film non ne beneficiano a livello di promozione ma comunque si possono anche utilizzare, solo che vanno presi bene e se non possono rendere vanno cambiati. se chiamo Pino Insegno e vedo che non è capace chiamo un altro. Ho fatto Erneste e Celestine un cartone bellissimo preso da Pennac e i due protagonisti erano doppiati da Bisio e Alba Rohrwacher, vedete quel doppiaggio e capite, lì si che funzionano. Abbiamo avuto i complimenti di Pennac, ma quelli se non altro erano attori, con loro ci si può lavorare. Con chi non è nemmeno attore proprio no”.