SKAM Italia è tornata sugli schermi di TIMVSION e Netflix con gli episodi della quarta stagione, la cui protagonista è Sana, il personaggio interpretato da Beatrice Bruschi. Il regista e showrunner Ludovico Bessegato ha lavorato a lungo e con estrema attenzione per portare sugli schermi questo capitolo della storia dei giovani protagonisti.

Nelle puntate (qui la nostra recensione) si segue infatti l’ultimo anno del liceo dalla prospettiva della ragazza di fede musulmana tra problemi di cuore e incomprensioni tra amiche, senza dimenticare i progetti per il futuro e per una vacanza indimenticabile.

La quarta stagione è stata quindi delineata con la collaborazione con la sociologa e scrittrice Sumaya Abdel Qader e grazie alle esperienze e agli incontri che hanno contribuito a costruire tassello dopo tassello il percorso compiuto da Sana.

Grazie alla disponibilità di Ludovico Bessegato abbiamo avuto modo di approfondire le varie tappe che hanno preceduto il debutto in streaming degli episodi, ecco la prima parte della nostra intervista.

Quando è iniziato il lavoro su SKAM Italia 4?
Io ho finito di montare la stagione due a dicembre, la rilasciavamo in tempo reale: l’ultimo episodio è andato in onda la settimana prima di Natale e noi avevamo finito di montarlo sette giorni prima. Nel frattempo stavano girando la terza, che non ho curato direttamente, e ho iniziato a scrivere il 2 gennaio 2019. Ho rivisto la versione originale norvegese, non vedevo la quarta stagione da tre anni, e ho capito una cosa che sapevo da tempo e ora mi era ancora più chiara: dovevo farmi affiancare il prima possibile da una persona, o più persone, che conoscessero molto bene il mondo musulmano. Qualsiasi cosa avessi voluto cambiare rispetto a quanto mostrato nell’originale non potevo farlo con la libertà avuta nelle precedenti stagioni, dovevo avere qualcuno con cui confrontarmi continuamente. Ho fatto una ricerca per trovare qualcuno che potesse aiutarmi e ho trovato un paio di ragazze davvero gentili che mi hanno aiutato e la svolta è poi arrivata quando ho conosciuto Sumaya Abdel Qader: è una forza della natura, una persona fantastica, non è solo una donna musulmana, è una sociologa, è aperta, colta, con una famiglia incredibile che mi ha accolto e mi ha aperto tante porte, anche nella mia testa, e mi ha messo in contatto con tantissime realtà.

Come si è svolto da quel momento il lavoro?

Con lei ho iniziato un percorso di condivisione di idee, a partire dalla possibilità di entrare nei suoi spazi conoscendo le sue figlie, la comunità, andare ai campi dei giovani musulmani in Trentino dove sono stato alcuni giorni, vedere, scambiare, incontrare, rispondere alle domande. Nella fase di scrittura questo voleva dire che le mandavo ogni giorno venti messaggi su WhatsApp, quindici vocali, tredici chiamate, in cui le chiedevo ‘Secondo te possiamo fare questa cosa della Grecia?’ e lei mi rispondeva ‘Certo, le mie figlie già mi chiedono se possono andare in vacanza con le loro amiche dopo la maturità’, e le sue risposte e il confronto sono finiti nel copione. Tutto questo è andato avanti per mesi.

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C’è qualcosa che ti ha particolarmente colpito o sorpreso durante questa fase?
Il personaggio di Sana è presente fin dalla prima stagione e alle medie avevo avuto dei compagni di classe musulmana, quindi avevo meno pregiudizi di quelli che potrebbero avere altre persone in Italia. Mi ha colpito vedere l’esistenza di una media borghesia musulmana in Italia che non avevo ancora visto. Siamo abituati a vedere i musulmani rappresentati in un certo modo nel cinema e nella televisione, i ristoranti egiziani, il pizzaiolo, il negozio di kebab… Siamo abituati ad avere tante persone di origine musulmana intorno a noi e sappiamo benissimo che sono persone operose, sorridenti, gentili. Quando andiamo nei paesi a maggioranza araba siamo sempre conquistati dalla loro generosità, ma non era quello il tema. Era invece scoprire che c’è un numero significativo di persone che fanno dei lavori che abitualmente non siamo abituati ad associare alle persone di origine musulmana o di seconda generazione: avvocati, medici, dentisti, ingegneri, imprenditori… Tutte persone perfettamente integrate che riescono a convivere con la loro fede, il loro bisogno di riunirsi in comunità, frequentare la moschea, fare i campi… e al tempo stesso l’ essere profondamente, forse persino più di noi, italiani, con un grannde orgoglio regionale e persino comunale. Quando sono andato al campo dei giovani musulmani mi sono divertito a vedere come la sezione di Sesto San Giovanni schernisse quelli di Verona e ci fosse tra di loro un simpatico campanilismo. Vedere che c’era un ceto medio perfettamente integrato, persone che studiano all’università, hanno blog, che fanno musica come una ragazza fantastica che fa la rapper con il velo, mi è piaciuto e mi ha dato l’idea che non dovevamo scrivere una serie aspirazionale in cui mi inventavo una famiglia integrata perché ci sono, ma semplicemente non vengono raccontate e spesso non le vediamo.

Come hai lavorato invece con Beatrice Bruschi prima di arrivare sul set?
Beatrice ha fatto un percorso suo. Sapendo di doverlo fare ha iniziato mesi prima delle riprese ha letto veramente il Corano, ha preso contatti con delle ragazze romane di origine musulmana con cui ha iniziato un dialogo, ha iniziato a lavorare sulla postura e altri aspetti, è andata in giro a Roma un paio di volte indossando l’hijab per capire cosa vuol dire muoversi per la città e il mondo, come e se cambiano i modi con cui le persone si rapportano a lei. Io l’ho poi portata a casa di Sumaya a Milano, dove abbiamo passato questa giornata molto bella in cui ha perfezionato con lei alcune cose, come i movimenti della preghiera, la pronuncia di alcune parole, il senso di certe pratiche. Poi è entrata in contatto con le figlie di Sumaya che hanno più o meno l’età del personaggio di Sana, l’hanno presa, portata con loro e i loro amici, hanno un gruppo su WhatsApp in cui si scambiano consigli, insegnano a mettere il velo in un modo più alla moda. Ha iniziato a costruire un dialogo e un rapporto costante con delle persone vicine al suo personaggio ed è stata molto seria e concentrata. Per mesi ha fatto solo quello e penso che il suo lavoro e impegno si veda.

Soprattutto nella seconda metà della stagione ci sono alcune scene molto emozionanti, come il messaggio vocale che Sana invia alle amiche o il confronto con la madre, in che modo si è svolto il lavoro con l’attrice su quei momenti chiave della storia?
C’è stata molta cura nella scrittura grazie allo scambio con Sumaya, tanto lavoro di revisione e riscrittura fino ad arrivare a una resa convincente nelle scene più delicate. Per quanto riguarda la resa sul set, SKAM  costa poco ed è girata con tempi stretti, non abbiamo avuto nemmeno il tempo di provare molto. La bravura degli attori è proprio di riuscire ad avere un buon risultato in tempi rapidi. La sua intelligenza, la sua intuitività e la sua capacità di prepararsi bene a questo personaggio hanno permesso di portare in vita un personaggio si spera convincente, ma è stato un lavoro fatto prima all’insegna dello studio, dell’immersione in una certa temperatura emotiva. Poi sul set avvengono delle magie quando si lavora con le persone giuste e le scene sono arrivate abbastanza naturalmente.

Nella stagione si assiste alla reazione delle amiche di Sana, anche alla loro incapacità a volte di capire il punto di vista dell’amica. C’è stato un confronto con le attrici su questo elemento? Erano tutte d’accordo sui comportamenti del proprio personaggio o c’è stato qualche dubbio?
Con loro ho fatto un unico incontro ed era proprio su questo argomento: ho preso tutte le ragazze prima delle riprese e ho provato a costruire, a rivedere tutta la stagione dal loro punto di vista. La scrittura di SKAM tende sempre a privilegiare un punto di vista, ma era importante che le altre ragazze potessero capire cosa stava accadendo ai loro personaggi. Questo confronto è stato importante. Greta Ragusa, che interpreta Silvia, mi ha fatto ad esempio notare che mancava, secondo lei, un momento dopo la riconciliazione tra amiche in cui ci fosse un confronto tra loro due che potesse sancire questa riappacificazione. E aveva ragione. Ho lavorato per creare quel momento. Loro sono molto istintive come attrici, non hanno ancora la tecnica e la lettura sovrastrutturale di un testo: sono giovani e danno questo apporto fantastico al progetto. Non era complicato per loro capire perché si stessero un po’ distanziando da Sana, è abbastanza comprensibile, ma ci abbiamo lavorato e abbiamo compreso perché come si stava comportando poteva generare un allontanamento.

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L’episodio finale rappresenta un epilogo perfetto per il racconto e al tempo stesso potrebbe gettare le basi per il prossimo capitolo della storia. Durante l’ideazione c’è stato il pensiero di una possibile quinta stagione?
Sicuramente non era nella mia testa quando ho scritto, anche perché nella serie norvegese la quarta è la fine. Ho pensato che sarebbe stato bello così, a prescindere dal fatto che si possa andare avanti o meno, cosa di cui non abbiamo ancora parlato, però con questa stagione si chiude un ciclo, quello del liceo, e anche se dovessimo andare avanti la fine do quel percorso di studi cambia tutto. Mi piaceva dare quel senso che proviamo tutti quando facciamo la maturità e torniamo dalle vacanze: nulla sarà come prima, non c’è più quella quotidianità, quel grande contenitore che è il liceo dove tutti sono obbligati ad andare e ritrovare le persone che amiamo. Certo, se andremo avanti sarà un mondo diverso, sarà il mondo dell’università o qualcosa di differente, non abbiamo ancora idea di come sarà. Sicuramente non sarà più come prima, quindi era bello dare questo senso di conclusione e soprattutto mi piaceva dare la possibilità ad alcuni personaggi che seguiamo da quattro stagioni e non hanno mai avuto un loro spazio di avere un momento in cui fare capolino e in qualche modo mostrarsi da un lato diverso rispetto a quello che avevamo sempre visto.

In Francia si è deciso di proseguire, in caso di rinnovo potreste seguire il loro esempio per quanto riguarda la storia?
Abbiamo finito di lavorare a questa quarta stagione tre settimane fa, abbiamo iniziato il 2 gennaio 2019 e abbiamo consegnato le ultime cose a maggio 2020. Ho avuto talmente tanto nella testa l’obiettivo di finire che non mi sono ancora chiesto cosa sarebbe accaduto dopo. In queste ultime settimane, tra tutte le attività stampa, interviste, contenuti… Non ho ancora avuto un modo per fermarmi per pensare ‘Se ci fosse una quinta stagione, cosa sarà?’ Formalmente non ci è poi ancora stata chiesta da nessuno e fino a quando succederà non mi sbilancio nemmeno con me stesso.

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