Tra le caratteristiche salienti di una stagione votata allo sperimentalismo, come questa seconda di Atlanta, c’è anche la capacità di saper ripartire da zero ad ogni puntata. Sì, a livello tematico o narrativo qualcosa rimane delle esperienze precedenti, e abbiamo segnalato il legame tra il Paper Boi di Barbershop e quello di Woods. Eppure, imitando la vita, la scrittura di Atlanta costruisce dei personaggi che non sono mai solo la conseguenza necessaria o lineare o attesa di quel che abbiamo visto nelle puntate precedenti. Possiamo avere brevi riflessi del loro carattere, delle loro debolezze segrete, ma tutto rimane in superficie, non perché la serie non sia in grado di andare più in profondità, ma perché sono le esperienze quotidiane a non essere mai così chiare nell’inquadrare le persone. E nulla è mai dovuto.

Una volta preso per buono questo, ci si può sorprendere ancora e ancora. Si può inquadrare Earn come la persona tutto sommato insoddisfatta, incapace, che una vol...