Django, la recensione delle prime due puntate presentate alla Festa del Cinema di Roma

Dimenticatevi il Django di Corbucci. E dimenticatevi pure Django Unchained di Quentin Tarantino: Django di Francesca Comencini è un’altra cosa. Sì è vero, c’è la famosa bara che il personaggio di Franco Nero trascinava con sé insieme al mistero che conteneva al suo interno, ma qui è solo un omaggio e ha tutta un’altra funzione – così come anche qui, come in Tarantino, si affronta il tema della schiavitù e dello scontro tra visioni del mondo conservatrici e progressiste. Ma sostanzialmente Django di Francesca Comencini, ed è questo il suo bello, ripropone la storia di Django assumendolo come un universo narrativo di riferimento per poi scardinarlo, rimescolando tutti gli elementi tipici del genere (ci sono gli indiani, il petrolio, la figura dello straniero, l’idea di una comunità chiusa da proteggere) in una serie che sostanzialmente si vota all’idea di dramma relazionale vestita da western.