L’anno scorso, dopo quattro episodi sorprendenti e continui cambi di fronte, Homeland schiacciava tutta la propria tensione narrativa nello straordinario Q&A, episodio claustrofobico, serrato, scritto e interpretato benissimo, che nel rapporto tra Carrie e Brody rifletteva quanto di buono era stato fatto vedere fino a quel momento. Tower of David ne rappresenta lo specchio ideale, giocando ancora una volta per tutta la sua durata sull’insistito parallelo tra i due protagonisti, entrambi, a modo loro, rinchiusi, entrambi sofferenti, lontani ma estremamente vicini nel subire passivamente gli eventi, loro che a quegli stessi eventi avevano dato il via. Alla terza puntata Homeland ancora non ci racconta la propria meta, ma continua a darci le stesse coordinate: una lentezza che non diventa riflessione, una stasi che non costruisce, una lunga preparazione che è promessa (e speriamo premessa) di un futuro non ancora arrivato.

Episode

Homeland ha sempre vissuto dei grandi sconvolgime...