La recensione della stagione 2 di Sweet Tooth, disponibile su Netflix

Dopo una prima stagione che ci ha presentato l’apocalisse e ci ha sballottato in giro per l’America degli Ibridi e degli Ultimi Uomini, Sweet Tooth tira bruscamente il freno a mano con una seconda stagione quasi-mono-location, che ruota tutta concettualmente intorno a uno zoo occupato e che si prende tutto il tempo che serve per approfondire, espandere, lavorare di dettagli, cesellare i (tanti) personaggi per rifinirli e renderli ancora più umani, o ibridi. È una scelta coraggiosa che non per forza funziona sempre al 100%, ma che serve a dare alla serie Netflix quella personalità che la prima stagione aveva solo fatto intuire – oltre a preparare il campo a un’altra probabile piccola rivoluzione narrativa con la terza e conclusiva, in arrivo non si sa ancora quando, ma speriamo presto.

La situazione dei protagonisti

Alla fine della prima stagione, avevamo lasc...