La recensione di Boris 4 arriverà con la pubblicazione della nuova stagione dal 26 ottobre su Disney+. Abbiamo visto i primi due episodi e queste sono le nostre prime impressioni.

La quarta stagione di Boris, che arriva 15 anni dopo l’inizio della serie nel 2007 e 12 anni dopo la messa in onda della stagione precedente, ritrova esattamente quel mondo e quei personaggi. Sembra scontato visto che sono coinvolte le stesse persone, e invece era la cosa più difficile da centrare. Rimettere in scena dopo 12 anni un mondo molto specifico e fare in modo che tutti gli attori coinvolti centrassero di nuovo alla perfezione i propri personaggi, nonostante questi si siano evoluti, siano invecchiati e in certi casi cambiati, è ciò che spesso falliscono anche i sequel stranieri che arrivano dopo più di un decennio (si pensi ai personaggi di Trainspotting 2, irriconoscibili). Invece già dopo pochi secondi la troupe che lavorò a Gli occhi del cuore 1 e 2, Medical Dimension a Natale con la casta e quasi al Machiavelli è quella.

In più le prime due puntate che sono state mostrate alla Festa del cinema di Roma sono molto molto divertenti. Cioè anche l’umorismo è esattamente quello lì. Che era l’altro punto interrogativo, se si sarebbe ricreata la medesima forza comica (di nuovo si pensi a quanto è invece fiacco un sequel arrivato decenni dopo come Il principe cerca figlio). Strano a dirsi Boris 4 sembra essere stato girato subito dopo la terza stagione, tanto è in linea e preciso nelle dinamiche e nelle interazioni tra personaggi. Necessariamente molto è cambiato nelle loro vite, ma è tutto uno sconvolgimento superficiale che non muta l’essenza della serie. Boris continua a raccontare la maniera italiana in cui la collettività e il sistema frustri qualsiasi sforzo di miglioramento della propria condizione o del proprio lavoro.

Lo fa stavolta non all’interno dell’istituzione più caratteristica del paese, il servizio pubblico, ma all’interno di un processo di internazionalizzazione dell’industria audiovisiva, quindi a contatto con gli americani e con tutto quello che può esistere di nuovo e moderno nella maniera in cui le piattaforme di streaming si regolano e pretendono che chi lavora con loro (che poi vuole dire per loro) si regoli. Questioni di comportamento ma anche questioni di contenuti da scrivere e di stile di regia, per l’ennesima volta René Ferretti e i suoi sono chiamati a cambiare all’insegna della qualità: una serie tv tratta dal vangelo. Per l’ennesima volta riescono a non farlo pur sostenendo di farlo. 

Quello che, almeno nelle prime due puntate, non si trova, è semmai qualcosa di più sottile ma anche più essenziale per certi versi. Facendo la tara che va sempre fatta con Boris, cioè cancellando per un attimo il contesto da produzione e set, stavolta non rimane nulla. Una delle ragioni per le quali questa serie ha incontrato un pubblico molto ampio, decisamente più grande di quello che può essere interessato a pettegolezzi, tic, difetti e questioni dell’industria audiovisiva italiana, è perché ciò che accadeva su quei set era una perfetta trasposizione di ciò che accadeva ovunque, in qualsiasi ufficio, in qualsiasi esercizio commerciale e in qualsiasi luogo di lavoro. Era l’Italia del suo tempo. 

Nelle prime due puntate di Boris 4 questo sembra esserci meno e come accadde per il film, nonostante si rida e si rida molto, calcando alcuni tormentoni e frasi rese celebri dalla serie (ma senza esagerare), l’impressione è che stavolta il discorso sia più limitato e settoriale. Come c’è anche l’impressione che l’arco narrativo sia tarato su ritmi, situazioni e evoluzioni tipiche da serie da piattaforma quale ora Boris è (va su Disney+), con una trama molto più orizzontale di prima e piccoli cliffhanger. Quello di cui parla Boris 4 in controluce semmai è del tempo passato. Con la nuova collocazione di molti personaggi vengono fatte le affermazioni più importanti non solo su come è cambiata l’industria (oggi gli attori fanno anche i produttori) ma anche su come è cambiata la società (qualcuno è finito in prigione, qualcun altro è stato promosso e valorizzato ma da un’azienda straniera, qualcuno infine nel mondo reale è morto e la serie lo deve riconoscere sia fattualmente che con una metafora molto delicata).

Trovate tutte le informazioni su Boris 4 nella nostra scheda.

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