Sono poco più di 10 anni che la serialità italiana ha aperto un nuovo capitolo, con produzioni più ambiziose e non rivolte soltanto a un pubblico grandissimo (come fanno quelle delle reti generaliste), potendosi permettere il lusso di parlare a pochi, appassionati e non bisognosi di continue spiegazioni, e arrivando poi a realizzare prodotti con un grande appeal internazionale. Dai primi successi di Cattleya e Sky (Romanzo Criminale e poi Gomorra – la serie) a Boris (che era prodotta da Wildside per Fox), la nuova serialità italiana ha impostato degli elementi di stile e racconto ma anche di tipologia di divisione seriale della narrazione che sono diventati uno standard. In una parola le serie italiane hanno degli elementi in comune che le distinguono da quelle straniere, sono accomunate da un modo di fare spesso simile.

Questo articolo è realizzato in partnership con SkyCome dimostrano Romanzo Criminale, Gomorra – la serie, Suburra, Non pensarci, la prossima A casa tutti bene e poi anche Romulus, c’è un rapporto privilegiato con il cinema. Per via della maniera in cui è nata la nuova produzione di serie italiane è molto guidata dalle case di produzione, che esercitano un controllo paragonabile a quello degli showrunner, così spesso sono loro che tastano il terreno di una storia al cinema per poi farla esplodere in televisione. Non si tratta di remake o sequel, le serie italiane molto spesso si appoggiano sull’universo mitologico fondato da un film e creano nuove storie con quei personaggi. Non c’è un rapporto unico, ogni serie ha una sua maniera di relazionarsi con gli eventi dei film collegati, ma almeno in tutta la grande prima fase (che per certi versi ancora viviamo) è quello il bacino di mitologia da cui attingere.

summertime

Sembra un dettaglio da poco ma in realtà da questo discende tanto altro. Perché il rapporto molto stretto con il cinema lo si vede anche nelle maniere in cui sono girate, con un uso molto importante di registi di cinema e uno quasi nullo di registi televisivi. Sono i professionisti del cinema italiano che girano le serie di alto profilo, non i professionisti della serialità vecchio stampo. Accanto a sceneggiatori ovviamente di grande presenza e importanza, c’è sempre un impianto visivo originale e presente. Se si pensa al lavoro di Sollima sul poliziesco agli inizi o a quello fatto da Lorenzo Sportiello (che al cinema aveva esordito con un film di fantascienza poco noto chiamato Index Zero) per Summertime, e la forza che ha quella serie in cui la scrittura sembra sempre un passo indietro alle immagini, o similmente anche quello di Andrea De Sica (di nuovo un esordiente con un film piccolo I padroni della notte passato alla serialità) con Baby, l’impressione è sempre che il tipo di regia invisibile che domina in molte serie americane sia bandito.

romulus

E anche se si guarda alla scrittura, che è l’impronta più caratterizzante in una serie, ci sono diversi modi di raccontare che formano uno stile italiano. Il primo è avere un cast corale. Molte serie americane non hanno un solo protagonista (Il Trono di Spade, The Walking Dead, Westworld) ma non si può dire che quella sia una caratteristica tipica della serialità americana, che al contrario di regola predilige il protagonista singolo. Lo è invece da noi, dove le storie sono spezzettate e frammentate in una molteplicità di eventi contemporaneamente lontani e vicini tra di loro. Dalla Roma di Romanzo Criminale (e Suburra), a Scampia fino a Summertime, SKAM (che non è proprio italiano ma in Italia ha trovato forse la versione più personale e originale tra tutti gli adattamenti), ZeroZeroZero e poi Made in Italy, Romulus e anche lo stesso Boris, la trilogia 1992 – 1993 – 1994, Baby, Il miracolo e via dicendo la serie italiana ha molti protagonisti e molte storie al suo interno. Così tanto che adesso l’arrivo di Anna di Ammaniti o di Zero, con protagonisti singoli, sarà quasi una novità.

Anche per questo più andiamo avanti più le serie italiane tendono a cercare di raccontare un personaggio a puntata, cioè a dedicare gli episodi verticalmente ad uno dei coinvolti.

1992 la serie

Ad uno di questi protagonisti poi, quasi sempre, tocca la trasformazione. Complice il fatto che spessissimo la serialità italiana racconta il contrasto tra generazioni (ma quello è più dovuto alla normale esigenza di rappresentazione delle tensioni della società che poi quelle serie le fruisce) e quindi ha protagonisti giovani, il mutamento più che altro fisico, è una tappa importante che ricorre di continuo. Re di tutte le trasformazioni chiaramente è quella di Genny tornato dall’Honduras, la matrice fondamentale che poi ha influenzato tutti. Ma muta la protagonista di Romulus, segnandosi il corpo e il volto per diventare un’altra, muta anche fisicamente Anna. È un trasformato Leonardo Notte il protagonista della trilogia 1992 – 1993 – 1994 con un passato molto diverso dal presente (e la serie fin dalle tagline punta molto sull’idea di raccontare un periodo di rivoluzione), si trasformano in escort le ragazze di Baby, usando il corpo per fare altro da quel che facevano prima e cerca di cambiare Dane DeHaan in ZeroZeroZero. Addirittura la trasformazione è il cuore di Speravo de morì prima, uno dei pochissimi esempi di nuova serialità italiana di commedia, che racconta il cambiamento e la fatica di diventare un altro fino all’ultima puntata in cui c’è proprio una trasformazione fisica del protagonista.

È come se le serie italiane raccontassero le tante possibili strade di fronte ad una persona attraverso la sua capacità di assumere quel cambiamento su di sé. Capita anche in serie americane (si pensi a Walter White di Breaking Bad!) ma da nessuna parte si ritrova con così tanta frequenza.

genny gomorra

Infine le serie italiane si potrebbero distinguere in mezzo a mille per il loro uso pazzesco degli ambienti. Questa è una caratteristica di tutto il cinema italiano, il fatto di trattare i luoghi come fossero personaggi, di lavorare tantissimo con i location scout (negli ultimi anni aiutati a scoprire posti nuovi dagli incentivi regionali che spingono ad andare là dove non si era mai andati) e poi valorizzare gli ambienti. Anche quelle che cercano di fare del fantastico all’americana senza magari riuscirci, hanno nella capacità di relazionarsi agli ambienti in cui sono girate il proprio tratto migliore. Di nuovo è Gomorra – la serie una delle matrici più forti, la serie che ha cambiato tutto, fondata sugli ambienti delle vele di Scampia, i sotterranei, i tetti e una serie di ambientazioni inconfondibili sempre inquadrate ad inizio scena da una prospettiva alta, una firma. E non è un caso che sia stata la prima serie italiana ad avere un vero respiro internazionale e un grande successo fuori dal nostro territorio. Moltissimi hanno replicato quello schema, trovando nella Ostia di Suburra o nelle città ricostruite di Romulus o ancora nell’architettura liberty di Baby e nei colori pastello di interni ed edifici di Summertime una personalità decisiva. Il più forte di tutti è The Young Pope che letteralmente vive di ambienti e costumi, che ad un racconto non proprio ordinatissimo e molto soggetto alla ieraticità di Sorrentino, affianca una grandissima ricerca visiva, pensata per stupire e per affiancare l’eterno al moderno, l’assurdo al classico, proprio negli ambienti.

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Le serie citate in questo articolo sono tutte disponibili su Sky Q: più precisamente trovate Romanzo Criminale, Gomorra – la serie, ZeroZeroZero, Speravo de morì prima, la trilogia 1992 – 1993 – 1994, Il Miracolo, Romulus e prossimamente Anna su Sky, Skam Italia, Summertime, Baby, Boris e prossimamente Zero su Netflix, Made in Italy su Prime Video di Amazon. Su Disney+/Star è in arrivo, prossimamente, la nuova stagione di Boris.

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