Arrivati a un’ora dalla fine di Hawkeye è chiaro che la carne al fuoco è tanta. Troppa perché con un episodio si riesca a chiudere il discorso in maniera autoconclusiva. Il finale può ancora essere soddisfacente, è ovvio, ma sarà difficile avere quel senso di appagamento che le miniserie solitamente danno ricadendo nell’effetto WandaVision. È questa la croce e la delizia dell’impostazione Marvel. Ha un boost incredibile dal fatto di essere intrecciata con altre linee narrative nel formato di film o di altre serie tv. Questo gli permette di andare veloce nella presentazione di molti drammi e soprattutto lascia infinite possibilità di colpi di scena.

Come in questo episodio, dove basta un nome e una foto per fare un salto sulla sedia. Non solo i lettori di fumetti, anche chi è a digiuno ma segue le varie diramazioni audiovisive può godersi l’arrivo del personaggio di Yelena Belova e di Kingpin; una che viene da un film, l’altro da una serie probabilmente non canonica (verrà quindi ripensato mantenendo lo stesso aspetto?). Un modello vincente e distintivo.

Ci sono però alcuni distinguo importanti. Quando le tante trame si uniscono in un gran finale come Avengers: Endgame si arriva alla fine con un senso di completezza. Quando invece si diramano da un prodotto senza mostrare la loro meta (come ad esempio Avengers: Age of Ultron) è più difficile che tutti restino soddisfatti.

Capita in alcuni casi infatti che l’identità impostata dai registi venga dilaniata, fatta a pezzi dal bisogno di lanciare tante altre diramazioni. È un attimo disperdere la propria compattezza, diventare “di servizio” ad altro. Il secondo Avengers ha il suo bello, ma anche il suo più grande problema, proprio in questo (dicevamo: croce e delizia). Cambia radicalmente tono in qualche sequenza, butta una domanda dopo l’altra sul tavolo come antipasto di una portata che arriverà dopo qualche anno (le scene della profezia di Thor).

Per qualcuno questo approccio è lo spunto più interessante, perché stimola la partecipazione diretta dei fan, continua anche dopo la visione come un gioco di teorie e aspettative. Per altri invece corrisponde a una richiesta sfiancante. Si badi bene, non c’è giusto o sbagliato nel modo di recepire queste decisioni artistiche.

Stiamo imparando ora a fare i conti con tutto questo nelle serie tv.

Hawkeye

Il quinto episodio di Hawkeye lascia un po’andare tutto il lavoro fatto sulla costruzione dell’atmosfera natalizia. Si dedica all’introspezione, al curare le ferite. È notevole infatti il lungo dialogo fatto di sequenze intrecciate l’una con l’altra in cui si fanno i conti con quello che è successo nell’episodio precedente ricucendo gli strappi. C’è sempre troppo poco dolore in questi momenti, con la sensazione che gli attori con la testa aperta da una ferita di 5 cm non sentano nulla. Sono pecche però che però si possono perdonare dato che coerenti con l’impostazione totale del progetto.

In maniera circolare Bert & Bertie partendo dal clamoroso inizio fino al finale non troppo a sorpresa innervano l’episodio di altro rispetto quello che è stato fino ad ora. Il blip viene da Avengers, ed è un evento che le serie amano molto mostrare. Ma addirittura viene delegato a una serie tv l’importantissimo compito di far vedere che cosa ha fatto Yelena Belova dopo gli eventi di Black Widow! Il che è incredibile ed è un segno tangibile di quanto la Marvel punti su questo nuovo formato per espandere il suo universo sia orizzontalmente che verticalmente.

Però l’esito è un tono strano. Soprattutto rispetto a quanto già visto in Hawkeye. Arriviamo in un territorio estremamente cupo, più vicino al già citato Black Widow. Quasi come se funzionasse più da proseguitò di quella storia. È una scelta drastica e radicale che avrebbe funzionato bene in una serie meno riuscita. Invece il clima natalizio di Hawkeye si è dimostrato azzeccatissimo fino a qui. Perché quindi non limitare il racconto a quella linea ben precisa? Sarebbe un peccato mettere ai margini la famiglia di Clint, e il bisogno di ritornare a casa per le feste aggiungendo una gravitas di cui non si sentiva il bisogno.

Tutto al contrario di un filler il quinto episodio è invece un collettore di spunti. Crea ellissi importanti, come l’arresto di un personaggio chiave come Jacques Duquesne svoltosi senza alcuna enfasi. Mette sul tavolo molte evoluzioni del rapporto tra Kate e Clint. Allontanamento e ricongiungimento profondi nella crescita di entrambi, ma rapidi nell’equilibrio della storia. Tutto per tirare il grande colpo di scena finale.  Anche qui si gioca su due livelli. L’arrivo di Kingpin è una conferma per i più attenti, mentre una grande sorpresa per il pubblico meno affezionato. Non tutti hanno riconosciuto quel braccio nell’episodio tre.

Funziona tutto nella quinta puntata di Hawkeye? Sì, grossomodo. Yelena Belova in particolare sprizza personalità da tutti i pori, forse anche troppa tanto da mangiarsi la scena. I comprimari iniziano a delinearsi maggiormente e sta partendo finalmente l’arco narrativo di Echo con alcune sfumature psicologiche importanti. Però questo è senza ombra di dubbio l’episodio più macchinoso tra quelli visti fino ad ora. A differenza del pilota che usava gli eventi della battaglia di New York per arricchirsi di emozioni, questo usa il passato dell’MCU come stampella.

No, Hawkeye non finirà con l’ultimo episodio. Sappiamo già che è in arrivo una serie dedicata a Echo e che quel colpo di scena alla fine si diramerà a lungo. Anche un qualcosa che sembrava così marginale e chiuso in sé come la storia di un padre “super” durante le feste ha un ruolo nel grande disegno. Proprio come il fumetto da cui è tratto, è diventato un altro cardine importantissimo della linea “terrena”. Ma siamo sicuri che, in questo specifico caso, sia un bene?

Lasciate Occhio di Falco da solo, nella sua serie con i suoi aiutanti e amici. È passato così tanto tempo prima di avere 6 ore esclusivamente dedicate al personaggio che questa volta (uno dei rari casi nell’MCU) vederlo condividere la scena con il resto dell’universo sembra più una perdita di tempo che un’aggiunta al divertimento.

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