Il 4 ottobre 1995 debutta su TV Tokyo un nuovo anime, che finirà per entrare nella storia: Neon Genesis Evangelion. Ve ne abbiamo già parlato, in veste generica, in altri articoli, per darvi le info fondamentali per recuperarlo nel migliore dei modi, dicendo anche cosa aspettarvi e perché, a distanza di venticinque anni, vale la pena recuperarlo. Magari in previsione della visione della tetralogia “remake” uscita negli ultimi anni e ora finalmente disponibile su Amazon Prime Video, comprensiva dell’ultimissimo (in senso definitivo?) film, Evangelion:3.0+1.01 THRICE UPON A TIME.

Questa volta, invece, parliamo specificamente della serie tv originale, fornendo qualche coordinata e analizzando un paio di temi e significati, tra i tanti su cui si potrebbe sviluppare un discorso in merito. Se siete totalmente a digiuno di nozioni sulla saga, leggete prima 10 cose da sapere su Neon Genesis Evangelion (e l’ordine di visione): qui cercheremo di non ripetere alcuni concetti fondamentali riguardo alla trama e alla famigerata accoppiata di episodi finali.

Per altri speciali come questo, abbonati a BadTaste+

Fantascienza robotica… con l’uomo al suo centro.

Neon Genesis Evangelion è una serie di fantascienza robotica. Ci sono i mecha, sono pilotati da ragazzini, Tokyo è invasa da mostri alieni, si fa il pieno di combattimenti cazzutissimi, belle ragazze che regalano allusioni osè a un pubblico di giovanissimi e molti altri “indispensabili” luoghi comuni della letteratura nipponica del genere riguardanti l’eroismo, l’abnegazione, i buoni sentimenti etc.
Insomma, tutto quello che il pubblico di riferimento potrebbe cercare, no? Sì… e no. Perché sotto la rigogliosa e avvincente facciata, Eva nasconde strati di sostanza narrativa e di riferimenti “importanti” che spingono i discorsi molto più in là delle chiacchiere da bar sugli amori dei personaggi, sulle armi dei robot o sul piano finale dei cattivi.
Durante la serie viviamo, uno dopo l’altro (ma anche contemporaneamente!) i traumi dei personaggi, protagonisti e non, scoprendo, se abbiamo voglia di abbassare le difese, qualcosa in più su noi stessi e sugli altri, sul come gli esseri umani si interfacciano tra di loro, forse anche sul senso stesso dell’esistenza.
E qui, forse, risiede la più grande lezione di Neon Genesis Evangelion, che trascende il genere di appartenenza per spostarsi in altri campi.
Non siamo più (solo) nel campo degli anime robotici densi di eroismo e pathos che hanno fatto la fortuna dell’animazione nipponica;
Non siamo neanche più (solo) nel campo della fantascienza che indaga mondi futuribili neo-ecologismo e le applicazioni di questa che potremmo avere nella vita di tutti i giorni, o nell’evoluzione della cultura e della scienza, come in Star Trek, per dire.
L’elemento scientifico, in Eva, diventa solo simulacro e strumento dell’esperienza umana. Il vero progresso è quello scientifico o quello umano? Neon Genesis Evangelion è un anime di fantascienza, ma in realtà parla di persone.

neon genesis evangelion 02

O-T-AK-U

Era la metà degli anni ’90 quando Neon Genesis Evangelion arrivò sulle tv nipponiche. Potremmo pensare, visto che ne stiamo parlando a distanza di venticinque anni come di qualcosa di ancora attuale, qualcosa che ha letteralmente lasciato il segno, che sia stato un fenomeno fulminante, qualcosa di simile, per proporzioni ed effetti, al “Second Impact” che nei flashback dell’anime sconvolge il pianeta, portando a nuove consuetudini e nuovi livelli di consapevolezza.

Invece, tutto ciò è successo per gradi. Inizialmente, Neon Genesis Evangelion non macina grandi ascolti: è seguito da un pubblico di appassionati dell’animazione sempre più affezionato, ma rientra in un mercato inflazionatissimo, con una formula che sembra accattivante ma si rivela più complessa della media, per via dei riferimenti colti alla psicologia, alla filosofia, alla religione. Gli otaku, a cui il programma era rivolto (almeno in teoria) volevano solo fuggire dalla propria realtà per rifugiarsi in un mondo in cui erano piloti di mecha potentissimi, attorniati di belle ragazze.
Se hai quattordici anni, sogni Daitarn III e ti viene servito Evangelion, il rigetto è probabile quando arriva il momento della consapevolezza che Anno ti sta “prendendo in giro” perché parlando di robot vuole parlare di te stesso e dei tuoi problemi relazionali.

Per altri speciali come questo, abbonati a BadTaste+

Tuttavia, qualcosa si sblocca. Le repliche, complice un passaparola strisciante ma sempre più presente, cominciano a essere molto seguite nelle settimane che si susseguono durante il rilascio della serie. Finisce con un pubblico eterogeneo che segue l’anime intrippandosi sui dilemmi dei personaggi e sui misteri che nascondono, finché non arriva quel “finale” così divisivo.
Calcolate che stiamo parlando di un’epoca in cui non c’erano i social network, internet era ancora un regno fantascientifico per smanettoni e gli sms erano solo messaggi di utilità; le serie tv si discutevano nei circoli e nei locali.

“Capire” Evangelion oggi, cercando informazioni, scambiandosi opinioni, bingewatchando tutto lo scibile in materia in tre giorni è mille volte più semplice di allora, eppure cercate di non mancare un punto fondamentale per la comprensione del senso dell’opera, il contesto sociale; ovvero tornare all’origine del suo pubblico d’elezione, che era quello degli otaku degli anni ’90. Guardare anime, anche in età adulta, al giorno d’oggi non è più uno stigma sociale e avere interessi “nerd” non preclude l’essere alla moda e popolari, sportivi e spigliati.

Oggi indossare la t-shirt di un anime “fa figo”, avere il charm di un supereroe è “trendy”, le case di cosmetica fanno a gara per accaparrarsi la licenza della supereroina di turno per realizzarne il rossetto ufficiale. Venticinque anni fa era fantascienza molto più di un anime con robottoni: qualcosa del genere, in mano a una persona che avesse superato i dieci anni, era fonte di scherno infinita. Una (? Facciamo almeno due) generazione di introversi sognatori castrata nei propri punti di riferimento, intrappolata nelle proprie passioni, che difficilmente riusciva a conoscersi e incontrarsi, specialmente nei piccoli centri. Di qui, l’isolamento e i problemi comportamentali, che in una società rigida come quella del Giappone del secolo scorso portava a fenomeni come quello dell’hikikomori, gli autoreclusi in casa, precursori dei neet.

neon genesis evangelion 02

Fratelli e sorelle maggiori

Gainax ha sempre usato – o forse direttamente rappresentato – “bastone e carota” per la comunità degli otaku, presentando design accattivanti realizzati da artisti amatissimi, come Kenichi Sonoda, Haruhiko Mikimoto, Yoshiyuki Sadamoto, ma mostrando spesso agli otaku che la loro “vita” è una vita in catene, che aprirsi agli altri è difficile ma può cambiarci l’esistenza, che i comportamenti patologici vanno combattuti. Gli autori Gainax agiscono come fratelli maggiori, ma non si limitano al paternalismo: sono reduci, “ci sono già passati”, vogliono sinceramente aiutare sbattendo (anche con veemenza) la realtà in faccia ai propri fan. Per sentirsi meglio loro stessi, che in parte non hanno superato le loro debolezze nonostante l’età adulta e le responsabilità. La loro vita, a loro volta, è fatta di anime e manga, di solitudine e del fare circolo da fra di loro. Sono Misato, il loro pubblico è Shinji.
Questo atteggiamento di (auto)denuncia l’hanno portato avanti già con Otaku no Video, doloroso ritratto in forma di docufilm delle frange più preoccupanti dei fandom e delle passioni maniacali, e lo hanno riproposto, in maniera inizialmente più mascherata, con Eva.

Per altri speciali come questo, abbonati a BadTaste+

Il problema arriva quando a ricascarci sono loro, i “fratelloni” stessi, alla faccia dell’esperienza e della maturità (quantomeno artistica).
Il “finale” di Eva, nelle due puntate finali, è un disastro produttivo, un cortocircuito che si prende il lusso di dire «Abbiamo fatto male i conti, accontentatevi dello spiegone. Ma non lo spiegone del finale della storia. Lo spiegone su come funziona l’animo umano».

Questo è il momento supremo di Evangelion, quello in cui tocca contemporaneamente l’apice del significato ma anche il fondo dell’artisticità che non riesce a farsi i conti in tasca e finisce per fallire a presentare la propria arte. Gli stessi autori, Anno e Sadamoto in primis, se ne accorgono, ma non hanno modo di rimediare, perlomeno nell’immediato.

La serie di Neon Genesis Evangelion è disponibile su Netflix.