Se per il resto del mondo il Blue Monday è indicato solitamente come il terzo lunedì di gennaio, ci sono alcuni italiani per cui il giorno più triste dell’anno è quello che segue la fine del Festival di Sanremo. Ancora una volta è edizione da record per Sanremo 2023, e nonostante le cinque estenuanti serate passate davanti al televisore fino a notte inoltrata (che hanno tutta l’aria di essere state un sequestro di persona), anche quest’anno milioni di italiani non hanno saputo rinunciare a questo rito collettivo nostrano, quasi affetti da un’assurda Sindrome di Stoccolma.

C’è già malinconia nell’aria, ma prima di far scoppiare questa confortante bolla sanremese tanto estrema quanto inebriante, proviamo ad analizzare questo 73° sfavillante barraccone floreale. D’altronde oggi è ancora domenica. 

sanremo 2023 finale

La classifica finale

Nessuna sorpresa, nessun colpo di scena: esattamente dopo dieci anni, a vincere Sanremo 2023 è Marco Mengoni, favorito da pubblico e stampa fin dall’annuncio della sua partecipazione e che vince anche il Premio “Giancarlo Bigazzi” per la migliore composizione musicale. Niente a che vedere con le rivoluzionarie vittorie dei Måneskin nel 2021 o di Mahmood nel 2019, ma comunque il Marco Nazionale è in perenne stato di grazia e con Due Vite ci regala un brano sanremese ma dal sapore internazionale che manterrà sicuramente ottima la nostra reputazione all’Eurovision 2023 (dove Mengoni è già conosciuto grazie alla sua partecipazione nel 2013).

A seguire un podio purtroppo tutto al maschile, con Lazza al secondo posto, Mr. Rain al terzo, seguiti da Ultimo e Tananai. Doppietta per Colapesce Dimartino, che vincono il Premio della Critica “Mia Martini” e il Premio della Sala Stampa “Lucio Dalla”, mentre i Coma_Cose si aggiudicano il Premio “Sergio Bardotti” per il miglior testo. 

Delusione per Madame ed Elodie, mentre lascia l’amaro in bocca il ritorno tanto atteso di Giorgia. Riscatto non proprio raggiunto per Gianluca Grignani e i Modà, mentre sorprendono gli sbeffeggiati Cugini di Campagna. I ritorni degli Articolo 31 e di Paola e Chiara non vanno oltre il revival nostalgico e va benissimo così, mentre Anna Oxa lascia un festival forse troppo lontano da lei. Poco memorabile Levante, dimenticabile Ariete, vera rivelazione Rosa Chemical. Fanno bene i Nepo Babies LDA e Leo Gassman, mentre largo ai giovani ma fino ad un certo punto, con le nuove proposte che nonostante siano aumentate di numero purtroppo non riescono ad andare oltre la 15° posizione.

Alcuni dei pezzi ascoltati sono già delle hit destinate ad accompagnarci nelle prossime settimane se non mesi (la Furore di Paola e Chiara è già l’inno di molti), ma l’impressione è che se negli anni passati l’offerta era stata più trasversale, quest’anno c’è stata meno attenzione ai brani e più ai nomi degli artisti, alcuni provenienti da edizioni recenti ed altri pescati direttamente dal cesto dei desideri degli spettatori millennials e gen Z.

Un padrone di casa a volte ingombrante

“È al quarto mandato e sta già organizzando il quinto” ha urlato Benigni al Presidente Mattarella in apertura del Festival parlando di Amadeus, scherzando che ormai la sua stia quasi diventando una dittatura. Giocando la carta del presentatore simpatico e rassicurante, a momenti si muove sul palco in pantofole per quanto si sente a casa sua, disinvolto e fintamente stupito da tutto, ma al contrario maniaco del controllo che tra una risata e l’altra riesce a far credere a tutti di essere costantemente in balia degli eventi.

Abbandonato da Fiorello (che comunque non ci ha risparmiato le sue incursioni quotidiane dagli studi di Viva Rai2!) quest’anno ad affiancarlo un instancabile, a tratti spaesato ma sempre dall’energia travolgente Gianni Morandi, che tra omaggi musicali, battute sui social e siparietti non sempre divertenti ha dimostrato ancora una volta di essere l’italiano preferito di tutti. Dopo quattro anni il simpatico paternalismo di Amadeus ha decisamente stancato, ma alla RAI le sfide non interessano e formula che vince non si cambia, ragion per cui non ci libereremo mai di lui, della moglie Giovanna e del giovane Josè seduti in prima fila ad applaudirlo. 

sanremo quarta serata

Una volta si chiamavano vallette (e forse si stava meglio)

C’è una grande trappola mascherata da opportunità messa in piedi negli ultimi festival “Amadeusiani” in cui tutti puntualmente cadiamo ogni anno: è la corsa al giudizio delle cosiddette co-conduttrici, scelte da Amadeus in persona per accompagnarlo nel corso della settimana sanremese, una diversa ogni sera, che si alternano tra loro come preziosi ma interscambiabili accessori. Il diabolico mezzo utilizzato per validare la presenza di una donna sul palco dell’Ariston è lui, il monologo dolente, quel momento dello spettacolo legnosissimo e tedioso in cui la valletta, ah no scusate, co-conduttrice, smette di essere una professionista e diventa un’istanza sociale ambulante, costretta a farsi carico del peso di educare gli spettatori e farsi pubblicamente massacrare per averci provato. Anche quest’anno non siamo sfuggiti a questa piaga e quindi ecco la lettera autoreferenziale sull’empowerment femminile di Chiara Ferragni, il soliloquio penitente di Paola Egonu, l’inchiesta giornalistica sulle carceri minorili di Francesca Fagnani e il pezzo teatrale sulla maternità di Chiara Francini. Un commento sull’apporto di ognuna di loro a questo Sanremo 2023 potrebbe essere espresso, ma ci riserviamo il diritto di sospendere il giudizio per non alimentare il sessismo benevolo alla base di questa pratica, nella speranza che venga al più presto abolita, cosa che non succederà, almeno non nelle prossime dieci edizioni che condurrà Amadeus. 

Musica, musica e ancora musica

C’è stato un tempo in cui Sanremo veniva accusato di non mettere abbastanza al centro la musica, ma è un tempo che sembra lontanissimo, perché alle 28 esibizioni giornaliere Amadeus quest’anno ha aggiunto tanti, forse troppi ospiti musicali. Per bilanciare la mancanza di concorrenti della vecchia guardia (che però finiscono per essere i beniamini di tutti) sul palco abbiamo avuto, in ordine, il mini concerto dei Pooh, Al Bano e Massimo Ranieri che si sono cimentati in una battle a tema musica leggera italiana con Gianni Morandi, il commovente pianobar di Peppino di Capri e la combo imprevedibile Gino Paoli e Ornella Vanoni, che non duettato insieme come tutti speravano ma che in compenso hanno fatto la gioia di schiere di mematori seriali. 

Come quota internazionale Amadeus ha scelto il gruppo ucraino Antytila, i desolanti Black Eyed Peas e i sempre ipnotici Depeche Mode, ma anche i Måneskin che ormai si collocano a metà tra questi due gruppi, sempre padroni di un palco che è come casa e su cui riescono a trascinare anche la leggenda Tom Morello. Ormai il loro destino di essere ospiti fino all’età pensionabile sembra segnato. E ancora omaggi a Lucio Dalla, Lucio Battisti e Burt Bacharach, fino al bellissimo duetto intergenerazionale di Morandi con Sangiovanni, per un totale di più di cinque ore giornaliere di canzoni che in un qualsiasi altro posto sarebbero considerate una follia. 

Piccola parentesi che non vediamo l’ora di chiudere quella della quota comici, con Alessandro Siani che all’una di notte sciorina un monologo boomer che demonizza internet proprio nell’edizione più social della storia, ma soprattutto la performance disturbante (da cui Amadeus ci mette perfino in guardia) di Angelo Duro: non crediamo ci sia bisogno di commentare, solo fa sempre piacere constatare che il livello di indignazione generale per quello che deve o non deve fare una donna a Sanremo sarà sempre più alto rispetto a quello per le battute misogine e stantie di un comico “scorretto”. 

Una gara nella gara

Introdotta da Paolo Bonolis nel 2005, la serata cover è il momento forse più atteso della kermesse, un’occasione per spezzare la monotonia della gara e dare vita a quello che è a tutti gli effetti un lungo (lunghissimo) karaoke. Quest’anno abbiamo collezionato operazioni nostalgia anni ’90, esibizioni autocelebrative, duetti intimisti, rivisitazioni moderne di grandi classici del cantautorato italiano, omaggi sgangherati e performance egocentriche dell’ospite di turno che ruba la scena all’artista, in un alternarsi di numeri musicali spesso sbilanciati ma di grande intrattenimento. Durante la serata del venerdì può succedere di tutto, ed anche questo Sanremo 2023 non si è smentito ed ha offerto lo spettacolo più divertente e coinvolgente, rivelando le strategie e l’approccio dei vari artisti in gara, dagli sperimentatori ai narcisisti, da chi vuole vincere facile a chi vuole mettersi in gioco e divertirsi.

Non sono solo canzonette

Chi crede che il Festival e la politica siano due cose in contrasto tra loro probabilmente non ha mai visto Sanremo. Siamo partiti martedì con Roberto Benigni e il suo elogio alla Costituzione davanti a Sergio Mattarella, prima storica presenza di un Presidente della Repubblica al Festivàl, per arrivare a sabato con la tanto temuta e contestata apparizione poi trasformata in letterina del Presidente ucraino Zelensky, recitata da Amadeus prestissimo, alle 02:12. Bellissimo momento quello dedicato ai diritti delle donne iraniane con l’attivista italo-iraniana Pegah Moshir e la rivelazione dello scorso anno Drusilla Foer, mentre molto, molto meno bello il ricordo delle foibe ricavato a forza tra un’esibizione e l’altra. 

Consigli per gli acquisti

Sanremo è il nostro Super Bowl, dove uno spazio pubblicitario si paga a peso d’oro e dove ormai anche i colossi dello streaming, da Netflix ad Amazon Prime Video hanno deciso di investire, creando spot di lancio dei propri contenuti da mandare tra un segmento e l’altro per sfruttare al massimo la vetrina sanremese, come ad esempio il teaser dell’attesissima nuova serie di Zerocalcare. La concorrenza può però spingersi ad entrare nello show solo di traverso, mentre l’imperativo di Mamma RAI è sempre quello di promuovere fino allo sfinimento ogni prodotto della rete ammiraglia: ogni sera si sono quindi alternati sul palco vari protagonisti della fiction italiana, come Luisa Ranieri ed Elena Sofia Ricci, fino al giovanissimo cast della serie fenomeno Mare Fuori. Ma forse lo spam maggiore è stato quello degli sponsor, i nuovi protagonisti di questo Sanremo 2023, che con fastidiosi spot invasivi e interminabili collegamenti da navi da crociera e palchetti di piazza hanno spesso rallentato il ritmo in uno spettacolo già parecchio sovraffollato.

L’immancabile polemica

Pippo Baudo ne ha fatto un’arte, quella di far succedere di tutto per poi dissociarsi, e Amadeus segue brillantemente le orme del maestro, dribblando le polemiche con faccia sempre sorpresa e gioconda. Perché la regola d’oro a Sanremo è che se ne parli, e da sempre ciò che accade sul palco dell’Ariston è rilevante non tanto nel suo accadere ma quanto più per le reazioni che scatena. Quest’anno abbiamo avuto il processo sommario a Blanco che distrugge il palco, varie polemiche sparse su Chiara Ferragni e Paola Egonu, Fedez che si scaglia contro la politica dal palco della Costa Crociere, presunti bicchieri d’acqua lanciati addosso ad artiste no vax dietro le quinte, e ancora Fedez con il suo bacio con Rosa Chemical. Solitamente le polemiche di Sanremo non durano fino al lunedì successivo, ma a leggere le reazioni politiche di queste ore sembra che si debba temere un cambio radicale ai vertici RAI, a dimostrazione che forse delle piccole, piccolissime rivoluzioni possono partire anche dai palchi più attempati.

fantasanremo

Italiani, popolo di social media manager

Durante la serata di mercoledì, più o meno dalle 21 alle 23, Elon Musk e Mark Zuckerberg, probabilmente ignari del fatto che in Italia fosse in corso la settimana più importante dell’anno, hanno pensato bene di scollegare i server di Twitter ed Instagram. Panico. Per un paio d’ore che sono sembrate durare giorni il popolo sanremese della rete si è visto portare via la possibilità di commentare, memare e giocare al Fantasanremo, un’esperienza irrinunciabile molto più del festival stesso. Ma l’allarme è fortunatamente rientrato e per il resto della settimana i social sono stati ancora una volta il maggiore indicatore della passione viscerale degli italiani per Sanremo. Se per l’edizione scorsa il dato era stato eccezionale, quest’anno i risultati hanno dell’incredibile: il totale delle interazioni generate nelle cinque giornate del Festival ha raggiunto quota 50,4 milioni, in crescita del 50% rispetto al 2022. Merito forse del profilo Instagram nuovo di zecca di Amadeus creato ad hoc da Chiara Ferragni? E pensare che solo qualche anno fa lo Stato Sociale cantava “Ormai solo Amadeus ha un profilo di coppia”

L’angolo “Speranze per il futuro”

Anche quest’anno “la grande evasione sanremese” è giunta al suo termine ed è purtroppo arrivato il momento di tornare al mondo reale. Fra qualche giorno avremmo dimenticato tutto, perché la magia inspiegabile di Sanremo è questa, un frullatore in cui deve andarci un po’ tutto, dalla musica allo spettacolo, dalla politica alla cultura, che ci trascina in una voragine vorticosa dalla quale emergiamo senza ricordare nulla. Ma per adesso la memoria di quello che abbiamo visto è ancora fresca, ed il bilancio generale è che ancora una volta Sanremo è stato uno spettacolo mediocramente fantastico, di grandissimo intrattenimento ma poco strutturato e soprattutto poco scritto, privo di idee davvero innovative ma che si adagia su fattori di successo che nulla hanno a che vedere con la sua costruzione interna. L’eccessiva lunghezza non fa più ridere e quest’anno neanche le battute a notte fonda di Fiorello riescono ad assolvere la presunzione di poter tenere in ostaggio un paese intero solo per la sua svoglia di svago. Molto probabilmente questo è un copione che rivedremo anche l’anno prossimo, ma Sanremo è ormai l’oppio dei popoli e quindi non temete, per allora avremmo già dimenticato tutto.

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