Se non vedete Il Padrino in Yellowstone è perché non state guardando

La sentiamo fin da qui la vostra indignazione: come è possibile paragonare un capolavoro come Il Padrino a Yellowstone? La risposta è che ovviamente non si può, l’opera di Francis Ford Coppola è unica nel suo genere. Ma è altresì evidente che un prodotto come la serie che vede protagonista Kevin Costner nel ruolo del coriaceo capofamiglia dei Dutton, ammicca al pubblico usando molti dei principi dei più classici film di mafia: l’appartenenza al clan, l’importanza della famiglia e la violenza e se non riconoscete tali caratteristiche in questo show televisivo di grande successo, è perché non state guardando.

Come abbiamo già avuto modo di dire in occasioni delle recensioni dedicate a Yellowstone, questa serie piace al pubblico per diversi motivi: perché racconta la quotidianità di una vita lontana mille miglia da quella moderna, evocando sentimenti nostalgici dei più classici Western per l’America degli sconfinati spazi aperti, in cui vige la legge del più forte, e perché solletica l’interesse degli spettatori attingendo agli stessi principi dei più riusciti film di mafia.

Come capofamiglia dei Dutton, John è un’imitazione più che credibile di Vito Corleone, un uomo che non si limita a pretendere la più completa lealtà dai propri uomini, ma che fa del senso di appartenenza al ranch che governa con pugno di ferro quasi una religione ed una questione di fierezza, tanto da portarne tatuato con orgoglio sulla pelle il simbolo, a prescindere dal fatto che ciò avvenga a discapito della rinuncia alla libertà personale di agire secondo i propri principi morali.

Se la differenza più evidente tra i film di mafia e una serie come Yellowstone è sicuramente che nei primi i mafiosi usano la violenza ed a volte la scaltrezza politica per mantenere in vita il proprio impero del crimine, i Dutton, per lo più, reagiscono a vario titolo ad attacchi contro la loro proprietà o la loro famiglia, ma dove le strade di questi due generi si incontrano, è sicuramente nella modalità con cui ciò avviene: con la violenza.

Come qualsiasi mafia movie che si rispetti in Yellowstone è possibile riconoscere in Rip (Cole Hauser) il tirapiedi ciecamente fedele al padrone e disposto a tutto per lui e nei figli di John un ruolo che si vede spesso in questo genere di pellicole. Lee (Dave Annable), l’erede designato, è colui che perde la vita in maniera tragica, scatenando la furia del padre e cambiando per sempre gli equilibri di famiglia. Kayce (Luke Grimes) è il braccio armato, il nuovo e recalcitrante successore al trono, colui che – se solo le circostanza lo avessero permesso – avrebbe probabilmente preferito vivere una vita ritirata e tranquilla, ma per cui il richiamo del sangue si fa troppo forte per essere ignorato, anche quando questo può costargli la famiglia che ama. Jamie (Wes Bentley) è l’anello debole dei Dutton, il figlio senza spina dorsale che finisce per rappresentare spesso una minaccia per il clan, mentre Beth (Kelly Reilly) è la perfetta rappresentazione delle più pericolose donne di mafia. Tormentata, immorale, spezzata dalla vita e totalmente dedita al bene della famiglia, quello di Beth è un personaggio che, soprattutto nelle ultime stagioni, ha mostrato segni di fragilità, che preferisce tuttavia nascondere al resto del mondo ed soprattutto colei che tutti sanno dovrebbe succedere al padre, se non fosse per il trascurabile particolare di essere nata donna in un mondo dominato dagli uomini, motivo per cui è cresciuta diventando più tagliente e crudele di loro.

Yellowstone risponde agli stessi principi dei film di mafia anche nei termini in cui la parola di un uomo ha un peso e ci sono dei valori da rispettare che non possono essere traditi, soprattutto tra criminali. Se John Dutton stringe un patto, chiunque può star certo che non lo spezzerà, così come se farà una minaccia si può essere sicuri che la porterà a compimento. Come spesso poi accade nei film di genere, questo show rappresenta anche lo scontro frontale tra tradizione e modernità, tra l’impossibile e romantico desiderio di lasciare tutto immoto ed impedire al tempo di scorrere e l’avanzata del progresso, che porta inevitabilmente allo scontro con chiunque ne sia il portavoce. I Dutton, se potessero, vorrebbero infondo solo mantenere la loro terra ed il proprio ranch produttivo, ma quello che scatena la loro furia sono le continue interferenze esterne, la sete di potere di coloro che guardano alla loro immensa proprietà e vedono solo un valido motivo per sfruttarla e non qualcosa da preservare e proteggere come la famiglia vorrebbe e perché questo è un loro diritto di sangue.

Che uno dei creatori di Yellowstone, Taylor Sheridan (produttore anche di Mayor of Kingstown, 1883 ad autore, tra gli altri, per I Soprano) sia un appassionato del genere, lo si evince infine anche dal suo recentemente annunciato ultimo progetto intitolato Kansas City, in cui Sylvester Stallone interpreterà il ruolo di Sal, un mafioso di origini italiane che dovrà trasferirsi in Minnesota da New York, per riscostruire il suo impero dalle ceneri della propria attività.

La 4^ stagione di Yellowstone va in onda negli Stati Uniti ogni domenica su Paramount Network, mentre in Italia sarà trasmessa ogni martedì, a partire dal 14 dicembre, su Sky Atlantic.