Dodici anni or sono, un concentrato di scrittura brillante e carisma attoriale faceva capolino sulla BBC. Si trattava di Sherlock, rilettura della saga letteraria di Sir Arthur Conan Doyle a opera di Steven Moffat Mark Gatiss. Quando fece la propria comparsa sul piccolo schermo, la serie aveva – a dispetto della celeberrima fonte d’ispirazione – delle ambizioni ben più moderate di quanto il suo clamoroso successo avrebbe poi fatto maturare.

Essendo ora disponibili su Amazon Prime Video le sue quattro stagioni (comprensive dei due speciali natalizi), vale la pena fermarsi a ricordare l’iter di Sherlock. La prima stagione, esempio di coesione narrativa, fece affezionare subito il pubblico al nervoso Sherlock (Benedict Cumberbatch) e al pacato veterano John (Martin Freeman). A far da coro greco alla coppia di affiatati protagonisti, un gruppo di comprimari di tutto rispetto; spiccava tra di essi il memorabile Moriarty di Andrew Scott, presentato – attraverso un mirabile escamotage – al termine del primo arco.

Le prime crepe

Tuttavia, già nel primo episodio della seconda stagione (Scandalo a Belgravia), la serie sembrò manifestare una certa tendenza a indulgere nell’autocompiacimento, accartocciandosi su se stessa e trascurando, rispetto alla prima stagione, il nitore del percorso investigativo. Ne beneficia però l’attenzione alla psicologia dei personaggi, e l’amicizia tra Sherlock e John diviene motore primario della storia. Non a caso, il finale di questo arco (The Reichenbach Fall) resta, a oggi, l’episodio più struggente dell’intero show.

La terza stagione si fece attendere due anni e arrivò, purtroppo, a confermare i peggiori timori: sebbene conservi una certa piacevolezza di fondo, Sherlock sembra asservirsi alla volontà dei fan, solleticandone i desideri senza quasi più curarsi della parte d’indagine. Abbondano le gag che ironizzano sulla natura del rapporto tra i due protagonisti, fresche e frizzanti quanto un brodo primordiale. L’arrivo di Mary Morstan, splendidamente interpretata da Amanda Abbington, è l’emblema di quanto i pur ottimi ingredienti della serie vengano trascurati in vista di un successo ormai assicurato.

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Il declino finale

È con la quarta e – a oggi – ultima stagione che i difetti di Sherlock prendono definitivamente il sopravvento sui pochi pregi sopravvissuti alla celebrità mondiale. Con Moffat e Gatiss ormai mollemente adagiati sugli allori, i tre episodi di questo arco sono quanto di più lontano possa esserci rispetto alle solide basi gettate nel 2010. A eccezione di Il Detective Morente, la quarta stagione è un groviglio di goffa action e mala gestione dei rapporti tra personaggi, intrappolati in meccanismi narrativi usurati quando non addirittura ridicoli.

L’imbarazzante epilogo della serie lascia a bocca aperta per la stupidità del suo intreccio, mentre i due protagonisti sono ormai schiavi di una maschera che nulla concede all’evoluzione psicologica. Lo stucchevole messaggio finale non migliora certo il tutto, e Sherlock si chiude lasciando un gusto al contempo stantio e stonato sul palato. Se mai c’è stata una serie di qualità rimasta vittima del proprio successo, quella è proprio Sherlock; a difenderla, restano solo i (molti) fan invasati o spettatori dai gusti decisamente generosi.

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Quale futuro?

Chiunque abbia apprezzato le due radiose prime stagioni della serie non può non sentirne la mancanza; sebbene Sherlock non sia mai stata ufficialmente cancellata, il suo ritorno appare oggi piuttosto improbabile. Basterebbero le agende dei due protagonisti, ormai fagocitati da quel lovecraftiano divoratore di mondi chiamato Disney, a chiarire quanto un prosieguo della serie sia, ora come ora, pura utopia. Il che è, in effetti, una fortuna; se questa non dovesse essere la fine per Sherlock, è bene che gli autori riflettano a lungo su come tornare sulla giusta rotta.

Certo, sia Cumberbatch che Freeman si sono dichiarati disposti a tornare per un’eventuale quinta stagione, sebbene solo in presenza di “qualcosa di speciale”. Ed è proprio restando agganciati a questo desiderio che vogliamo continuare a sperare anche noi; noi che di Sherlock abbiamo amato luci e ombre, non tradendolo neppure nei suoi momenti meno brillanti. Ci auguriamo che, in un futuro non tanto prossimo, la nostra attesa venga premiata; e che lo sfavillante duo di amici torni a correre per le vie di Londra, alla ricerca di nuovi modi per combattere il crimine e, al contempo, emozionarci.

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