Come sapete, lunedì si è tenuta sul nostro canale Twitch una nuova, lunga diretta con Francesco Alò: l’ospite è stato Luca Guadagnino, che ha parlato della serie We Are Who We Are, giunta a conclusione venerdì scorso su Sky e disponibile ora On Demand e su Now TV.

Inutile dire che si sono toccati numerosi altri argomenti, inclusa una raffica di domande di qualsiasi tipo sul cinema e la televisione da parte dei tantissimi spettatori che si sono collegati con noi. Potete rivedere l’intervista con il regista di Chiamami col tuo nome qui sopra, o ascoltare il podcast:

 

 

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Abbiamo intervistato Guadagnino qualche giorno fa riguardo la serie, e con lui siamo entrati nel dettaglio delle sue scelte registiche:

Diresti che We Are Who We Are racconti in definitiva di come la legge del corpo domini le nostre vite?

“È giusto e sensato rispetto a quel che penso. Credo che i copri contino e il prisma attraverso il quale posso interpretare la realtà, ovvero il cinema, per me passa dai corpi”.

Sei il tipo di regista che ama guardare anche chi fa un cinema opposto al tuo?

“Io amo il cinema in modo talmente viscerale e profonda e spaziale che l’idea che mi possa piacere solo quel che mi somiglia la ritengo miserabile. Mi fa subito pensare ad un tinello e all’odore dei cavoli.
Spesso vedo film in cui noto la magnificenza di idee che mi sembrano così sofisticate che io non avrei mai potute pensarle. È qualcosa che mi frustra e mi rende felice. Ad esempio quando vidi Philadelphia rimasi sgomento, perché non riuscivo a capire. Pur essendo investito da quel film non sistematizzavo il suo sistema di idee che mi pareva troppo sofisticato. Ma è lo stesso con Cronenberg e certi film di João Pedro Rodrigues o di Chantal Akerman: mi suscitano un sistema di meraviglie e di idee elusive.
Di contro invece ho fatto l’errore di vedere un mio vecchio film pensando di poterlo guardare con un distacco ma non è così. Quando fai un film lo vedi così tante volte che lo introietti. È la maledizione dei registi, essere ricondotti sempre al processo per cui hanno fatto qualcosa e non godere del proprio lavoro”.

Leggi tutta l’intervista

 

Leggi la recensione della prima stagione di We Are Who We Are.

 

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