All’opera sullo svecchiamento degli scenari di Goldeneye, senza poter contare sui trucchi del cinema, parole di uno scenografo del cinema prestato ai videogiochi…

Il ritorno sulle scene videoludiche di uno dei titoli di James Bond più sorprendenti di sempre, 007 Goldeneye, è l’occasione per affrontare di petto il tema della parentela tra videogiochi e cinema. Una volta tanto vogliamo farlo non dal punto di vista del giocatore quanto da quello del produttore, cioè da quello di chi ha preso parte alla realizzazione del gioco pur provenendo dal mondo del cinema.

Per questo abbiamo intervistato Rob Cowper, scenografo tra i più illustri del cinema americano (la sua filmografia è sconfinata e conta film come The Bourne Ultimatum, opere di Ridley Scott ma anche Pirati dei Caraibi, Munich e ovviamente alcuni 007), il quale ha lavorato al game design di Goldeneye 007 Reloaded, già (ri)uscito sugli scaffali videoludici.
 

BT: Dal cinema ai videogiochi. Com’è avvenuto il passaggio?
RC: Avendo lavorato a due film con al centro James Bond (Il domani non muore mai e Il mondo non basta) ero già in contatto con la EON, furono loro a chiedermi di inviare le mie idee per alcune scenografie buone per il ritorno di 007 Goldeneye. So che tra molti scelsero i me perchè non avevo proposto semplicemente il rifacimento dei vecchi scenari, ma angolature e idee nuove.

BT: Idee nuove di che tipo? C’è differenza nel progettare scenografie per il cinema e per i videogiochi?
RC: La differenza è enorme! Perchè nei videogiochi è il giocatore a decidere cosa si guarda e in che modo, muovendosi in un ambiente. Dunque tutto deve essere progettato, a 360 gradi e su qualsiasi asse. Così mentre in un film è il budget a determinare la grandezza e l’ampiezza del mio lavoro (se è tanto progetto un intero edificio, se è poco solo quella porzione di muro che verrà inquadrata), in un videogioco questo non esiste, il giocatore è anche il cameraman e se vuole può fare delle panoramiche.

BT: Niente trucchi da cinema quindi?
RC: Esatto, ho dovuto pensare più come un architetto che come uno scenografo, sapendo che non avrei potuto utilizzare quelle scorciatoie da cinema che un regista e un cameraman mettono in atto per economizzare senza sottrarre nulla in coinvolgimento del pubblico.

BT: E’ impossibile non notare come nella tua filmografia compaiano moltissimi film legati ai videogiochi (Tomb Raider, Prince of Persia…), esiste un legame speciale tra te e i videogiochi?
RC: E’ tutto merito di Peter e Micheal Lamont, due persone con cui ho avuto l’onore di lavorare all’inizio della mia carriera, mentori senza paragone! E’ stato seguendo Peter come co-designer per Wing Commander (dopo che lui aveva vinto un Oscar per Titanic) che questa relazione è iniziata. Anche se devo ammettere che i film che citi sono arrivati per caso, senza una forzatura da parte mia, probabilmente in virtù del fatto che mi sono formato con scenografi dalla spiccata immaginazione.

BT: Hai lavorato a due film di 007 ma non a Goldeneye. Hai dovuto adattare il lavoro di un altro?
RC: Il compito assegnatomi era molto preciso: ispirarmi al look molto fresco ma anche realista del film/videogioco e modernizzarlo. L’architettura è sempre in marcia e si evolve assieme ai materiali e alle tecnologie.

BT: Guardando al game design da spettatore ti eri reso conto di che errori non volevi commettere?
RC: Molti giochi hanno il problema di essere eccessivamente ancorati a quello che un game designer considera sorprendente. Eppure per fare qualcosa di buono devi essere informato di quel che accade nel mondo reale e non solo su com’era l’ultimo gioco. In fondo credo che fosse quello che la EON volesse raggiungere chiamando un outsider come me.

BT: E invece c’è qualcosa che hai potuto riutilizzare della tua esperienza sugli altri film di 007?
RC: No, niente. Perchè, come ho detto, quella era roba buona per allora. L’attualità richiede soluzioni attuali.

BT: Da quando sono arrivati al cinema i film di Jason Bourne, quelli di 007 sono molto cambiati. Tu che hai lavorato anche a The Bourne Ultimatum hai cavalcato questo cambio o hai cercato le atmosfere originali?
RC: Si è vero, i film di 007 sono molto cambiati dall’arrivo di Bourne, e ora hanno standard diversi, tuttavia delle differenze grosse rimangono. I film con 007 sono sempre esotici mentre quelli di Jason Bourne sono molto duri, cosa che è anche il fascino di James Bond. Ma non solo, i film di Jason Bourne sono volutamente poco “disegnati”, l’esatto contrario del contesto in cui si muove 007, un mondo vibrante sia nei palazzi che nelle location, ed è quello che il pubblico vuole da un film del genere, ciò che lo distingue dalla massa. Io credo che i film di 007 dovrebbero rimanere in questo mondo a parte e per il mio lavoro mi sono limitato a mantenere quest’idea attuale e contemporanea.
Al contrario se dovessi fare il game design di un videogioco su Jason Bourne, di certo lavorerei in sottrazione. Bond è Bond e Bourne è Bourne.