Continua il ciclo di articoli, a cura dell’Archivio Videoludico, dedicati alle realtà italiane che producono videogiochi. Questa volta è il turno di Santa Ragione, lo studio indie milanese fondato da Pietro Righi Riva e Nicolò Tedeschi. Uno studio che si è fatto notare, in Italia e non solo, per una notevole predisposizione alla sperimentazione e alla ricerca estetica. Santa Ragione è tra i ventuno sviluppatori che hanno aderito all’Area deV dell’Archivio, sezione che mira alla salvaguardia dei videogiochi realizzati nel nostro paese.

 

1 – La prima domanda, di rito, non poteva mancare: da dove venite? Chi siete? Dove andate?

Santa Ragione nasce ufficialmente nel 2010, ma si basa su anni di passione condivisa attorno a giochi e videogiochi tra me, Nicolò Tedeschi, e Pietro Righi Riva (oltre a una folta cerchia di amici e amiche che non fanno ufficialmente parte di Santa Ragione). Io sono nato a Verona e Pietro a Milano. Abbiamo studiato rispettivamente arte e disegno industriale all’università e proprio durante il nostro percorso di studi abbiamo lanciato il progetto Santa Ragione per fare ricerca e prodotti in campo ludico. Dopo quasi sei anni di lavoro in questo settore e diverse soddisfazioni, siamo arrivati ai trent’anni e devo ammettere che dire dove stiamo andando è tanto complicato quanto lo era sei anni fa!

2- Non si può certo dire che siate sviluppatori “tradizionali”. I vostri giochi spiccano ognuno per ricerca estetica e sperimentazione. Tra i titoli che avete realizzato, qual è quello a cui siete più affezionati? Fosse anche un prototipo o un’opera mai distribuita che conservate nel cassetto.

Devo ammettere che tutti i nostri progetti hanno qualcosa a cui siamo affezionati, essendo tutti molto diversi tra loro sia come genere che come tematiche toccate. Se dovessimo sceglierne uno, forse sarebbe MirrorMoon EP. Un gioco piuttosto complesso che nasce da un lavoro a più tappe non poco travagliato ma molto, molto stimolante. La complessità delle tematiche con cui si confronta MirrorMoon EP, le difficoltà di design che abbiamo cercato di risolvere e la pulsione narrativa che abbiamo voluto infondere al gioco senza l’uso del testo, sono tutte state sfide affascinanti e non di poco conto. Inoltre, da non dimenticare, abbiamo lavorato all’intero progetto assieme all’amico Paolo Tajè, designer e programmatore di Milano. Anche per questo MirrorMoon EP occupa un posto speciale nella nostra memoria.

MirrorMoon EP screenshot

MirrorMoon EP – screenshot

3- Con Wheels of Aurelia avete probabilmente realizzato la vostra opera più “politica”. Un viaggio on the road in cui convivono frammenti di un’epoca delicata e complessa per il nostro Paese. Com’è nata l’idea di Wheels of Aurelia? C’è spazio, nei videogiochi, per fare (e parlare di) politica?

Wheels of Aurelia non nasce dalla necessità di trattare strettamente di politica, ma dal desiderio di raccontare qualcosa del nostro paese, l’Italia. Dare un’immagine diversa di un paese che solitamente viene raccontato solamente attraverso grandi stereotipi. L’ispirazione viene inizialmente dal cinema italiano di genere – film come Il sorpasso (1962) di Dino Risi – e da un altro filone di genere, se così possiamo definirlo, quello degli arcade di corsa isometrici che spopolavano nei bar negli anni ’90. Abbiamo quindi pensato che fondere le due cose potesse essere una buona idea per raccontare un viaggio ipotetico tra personaggi più o meno comuni nell’Italia di fine anni ’70. È comunque vero che Wheels of Aurelia non nasconde i suoi contenuti politici. Sono anni fondamentali per la formazione del nostro paese ma sono anche anni che, di contrasto, ci consentono di osservare con maggior chiarezza la scena politica di oggi. Infatti, pur essendo ambientato nel ’78 e pur raccontando fatti e avvenimenti specifici di quel periodo, Wheels of Aurelia è in grado di parlare di alcuni diritti fondamentali che definiscono le battaglie politiche del 2015, come i diritti delle donne, i diritti per le coppie omosessuali, la discriminazione, gli estremismi e perché no, anche il ruolo della fede. Nei videogiochi si può e si deve parlare anche di politica. Vorremmo che Wheels of Aurelia stimolasse curiosità verso quell’Italia che è fuori dallo stereotipo: quella delle persone, delle campagne o dei lidi che sono tra una città turistica e l’altra; quella parte del paese che non è sotto i riflettori e che davvero in pochi conoscono all’estero.

4- Facciamo finta che i videogiochi non siano mai stati inventati. Un what if terribile, è vero, ma supponiamo che sia così. In questa realtà alternativa i Santa Ragione che cosa farebbero? Quale medium utilizzerebbero, tra quelli esistenti, per raccontare le proprie storie e perché?

Un po’ di fumetto e un po’ di cinema probabilmente. Non sono certo che saremmo legati ad un medium solo, anzi, però cinema e narrazione a fumetti sono sicuramente tra le nostre grandi fonti di ispirazione e immagino che in qualche modo, in un mondo senza videogiochi, faremmo riferimento a questi media per esprimerci. Non è da escludere poi che faremmo semplicemente giochi. Giochi in scatola, giochi di strada o giochi per bambini!

Wheels of Aurelia screenshot

Wheels of Aurelia – screenshot

5- Di industria italiana del videogioco si parla sempre più spesso. Secondo voi che prospettive hanno, o vorreste che avessero, i dev in Italia?

La scena degli sviluppatori di videogiochi in Italia è cresciuta molto nell’ultimi sei/sette anni e questo è un bene; rimane però una comunità ancora piccola rispetto a molti altri paesi. È bene quindi che ci sia dialogo tra sviluppatori esteri e italiani così da far crescere un settore più diversificato e inclusivo possibile. Questo ci auguriamo: che gli sviluppatori si aprano e si confrontino con un mercato globale per poi fare prodotti di qualità. Vogliamo inoltre sperare che ci sia sempre più desiderio di raccontare il proprio punto di vista e non di seguire l’ultima moda in campo di temi, generi o tecnologie.