Bisognerebbe giocare a Bloodborne sorseggiando del buon vino, ascoltando il proprio album preferito, possibilmente in compagnia degli amici più cari in una stanza con vista mare. Bisognerebbe, in breve, contrattaccare in ogni modo possibile la strisciante e sinistra influenza che avrà sulle vostre deboli menti. Deve esserci qualcosa di demoniaco e malsano nel modo in cui, nel giro di qualche ora, ribalta completamente il giudizio espresso di prim’acchito nei suoi confronti; qualcosa di perverso e subdolo se ogni volta che ci si promette di lasciar perdere, di abbandonare per sempre la propria quest, qualche ora dopo si ha la netta sensazione di sentire il sommesso lamento della PlayStation 4, che vuole essere accesa a tutti i costi, l’ammaliante bisbiglio del Dualshock che pretende d’essere maltrattato ancora un po’, il seducente picchiettio del disco nel tray, desideroso di mostrarvi orrori tutt’ora celati.

Questo perché Bloodborne è come quella donna (o uomo) che vi ha fatto tanto so...