Vogliamo bene ai due amiconi inglesi.

Protagonisti dai tempi di Spaced di avventure giovanili infarcite di citazioni cinematografiche dirette dal sodale Edgar Wright, Simon Pegg e Nick Frost sono diventati forti prodotti d’esportazione della terra d’Albione con un titolo da noi distribuito solo in home video: L’alba dei morti dementi. Era il 2004. Bilanciamento di una grande coppia: il corpulento di solito impacciato e perdente (Frost, classe '72); il magrolino di solito intraprendente e trombante (Pegg, classe '70). La coppia funziona così bene visivamente che un leggero esperto di immagini in movimento (Steven Spielberg) li ha inseriti tra le figurine in motion capture dell’attesissimo Le Avventure di Tintin.

Campioni di incasso in UK, da noi se li filano in pochi (Hot Fuzz uscì in sala da noi nel 2007 con risultati disastrosi) tranne che quando si attaccano a navi spaziali in corsa, come il Pegg di Star Trek. Proprio Pegg (lo Stan Laurel del duo) riceve offerte anche da solista (il sottovalutato Star System) o per nuove coppie (Ladri di cadaveri di John Landis con Andy Serkis). Frost è meno autonomo. Insieme hanno scritto e interpretato il loro road movie yankee in compagnia di un alieno con la voce di Seth Rogen (da noi sarà Elio): è Paul. E’ una commedia fantascientifica infarcita di citazioni cinematografichem con Spielberg che la fa da padrone, è l’esordio hollywoodiano da protagonista della coppia inglese, è un discreto successo internazionale, è ora di cominciare l’intervista. Con il solo Nick Frost.

Quando vi è venuto in mente Paul?
Già ai tempi del’Alba dei morti dementi. Volevamo fondamentalmente fare un film in un luogo dove non piovesse ogni giorno come faceva in Inghilterra. Abbiamo pensato al deserto in generale, poi al deserto americano, poi all’Area 51, poi a due ragazzi inglesi e un alieno che arrivano all’Area 51.
 
Differenza Stati Uniti e Inghilterra?
Il loro cibo è meglio. Ed è tutto dire.  
 
Il look di Paul come è nato?
Una sola idea e non ci siamo mai allontanati da essa. Il classico alieno grigio col testone della fantascienza anni ‘50. Un look già ben impresso nell’immaginario collettivo in modo tale da poterci permettere di fare dell’ironia nel film sul fatto che l’alieno classico grigio è proprio il frutto di una strategia aliena per preparare l’umanità a quel look nel momento in cui dovesse verificarsi un incontro ravvicinato del terzo tipo.
 
Dove eri quando E.T. uscì al cinema?
E’ incredibile come sia diventata la domanda che è stata utilizzata per anni riferita alla morte di Kennedy! Questo fa capire l’importanza di E.T… Tu dov’eri?
 
A Roma, Casal Palocco, Cinema Ginestre, avevo 8 anni.
Io l’ho visto in home video!
 
Ma come in home video…
I miei genitori non mi portavano al cinema. L’ho visto a casa di un mio amico anni dopo in home video. Che sfigato.
 
Quando hai incontrato per la prima volta Steven Spielberg eri emozionato?
L’abbiamo incontrato insieme con Simon sul set di Tintin. Era un’atmosfera di grande serietà e pressione professionale. Dovevamo recitare in una scena di 5-6 minuti. Eravamo appena arrivati. Per cui ci siamo limitati a concentrarci a non sbagliare le battute, non fare figuracce e non comportarci come due ragazzini al cospetto del loro mito assoluto.
 
E come l’avete convinto a fare il cammeo in voce dentro Paul?
Non ci crederai ma non è stato niente di particolarmente memorabile. Gli abbiamo spedito il copione dove c’era la proposta di cammeo… e lui ha accettato.
 
Il momento più da fan che avete passato con lui?
Sul set ipertecnologico di Tintin ci mettevamo silenziosamente alle sue spalle e lo guardavamo girare. Lo avremmo ascoltato per tutto il giorno. E’ stato veramente Incontri ravvicinati del terzo tipo. Ha detto che ha trovato il film bello. Intendo Paul. Mentiva? Non mentiva? Che importa!
 
Perché avete insistito così poco, tranne due gag peraltro ottime, sullo scontro culturale inglesi vs. americani che tanta fortuna aveva portato a Un pesce di nome Wanda?
Perché non era francamente il centro del film. Il centro è l’incontro tra noi e Paul, un alieno peraltro molto americano visto che si è abituato ai loro usi e costumi. Non è un caso sia un popolare attore comico yankee come Seth Rogen ad interpretarlo. Un doppio alieno (extraterrestre e americano) più due inglesi in giro in America.
 
Perché Simon Pegg ha un taglio di capelli così sgraziato?
E’ vero! Se per il look di Paul abbiamo avuto sempre in testa il prodotto finale, per i capelli di Simon abbiamo pensato almeno a tre acconciature molto diverse. Abbiamo scelto la peggiore, ovviamente.
 
E come avete scelto Greg Mottola come regista? Se l’avete scelto…
Dal primo secondo di titoli di coda di Suxbad abbiamo pensato che fosse il regista con la sensibilità giusta per la nostra storiella. Volevamo fare Sunshine con E.T. a bordo o meglio un film di fantascienza dove ti scordassi che era di fantascienza con un elemento fortissimo di fantascienza come un alieno in computer graphic per tanto tempo in campo. Mica era facile. Ma con uno come Greg alla regia, ti scordi dopo un minuto che Paul è un alieno e soprattutto che è una creazione al computer. Vero?
 
Vero. Ma perché ha quelle ciabatte? Un riferimento allo Zuckerberg di Social Network?
O mio Dio, sei la prima persona che lo dice, non avevo mai pensato a questo parallelismo! (ride parecchio, N.d.R.).
 
Sei completamente soddisfatto del film?
Completamente… mai. Qualche battuta, forse, avremmo dovuto riscriverla. Complessivamente sono soddisfatto ma dentro di me c’è sempre qualche dubbio. Penso che un vero creativo debba averne. Altrimenti che gusto c’è a lavorare?
 
Comic-Con: luogo delle meraviglie o ritrovo di matti?
Paul è due lettere d’amore insieme. Una è la lettera d’amore a tutto il cinema di Steven Spielberg, un’altra al Comic-Con di San Diego e ai suoi meravigliosi abitanti. La manifestazione di San Diego, ma mi verrebbe da dire ogni evento cinematografico che esalti e discuta di cinema popolare come il Comic-Con di San Diego, è molto importante per tenere alto lo spirito di chi ama questo tipo di intrattenimento. Non volevamo assolutamente prendere in giro quel tipo di ossessione per la cultura pop. E’ anche la nostra.
 
Sai che in Italia, tranne le nuove generazioni, manca proprio questo modo di vivere il cinema popolare con serietà e ironia allo stesso tempo. Hai notato una differenza tra voi inglesi e loro americani sul rapporto tra spettatore e film?
Noi inglesi siamo molto più simili a loro. Non c’è niente da fare. Anche per la lingua. Abbiamo una concezione cinematografica essenzialmente collegata al concetto di emozione. E l’emozione può essere universale. Noi inglesi siamo europei a metà, lo sai. Non siamo continentali e seri come voi italiani e francesi che magari partite dal concetto che un film possa essere un testo politico, sociale, ideologico e quindi giustamente anche molto, molto serio. C’è questo cinema anche da noi, ci mancherebbe. Ma forse facendo una media, voi potreste avere un’idea del cinema più severa. Comunque conosco poco l’Italia anche se mio zio Giuliano vive a Rimini. Voi avete tante cose bellissime. Il sole, il cibo, il mare, l’arte…
 
…Berlusconi (ride come un matto, pure più di prima. N.d.R.)
Bill Hader, eccellente caratterista secondo me erede di Dan Aykroyd, qui fa un cattivo perfetto. Avete avuto potere nella scelta del cast?
Sono d’accordo su Hader! E’ il vero nuovo Aykroyd. E’ il primo ruolo cattivo della sua carriera e tutti gli dicevano sul set: “Ehi Bill, sei veramente credibile come bastardo!”. Me l’hanno detto in molti anche dopo aver visto il film. E’ un grande attore. Posso dire che abbiamo lavorato fianco a fianco con Greg. Bill era già un suo attore feticcio (Suxbad, Adventureland, N.d.R.). Noi avevamo una lista, Greg aveva una lista. Abbiamo mischiato le liste.
 
Caro Nick, tu e Simon Pegg recitate i nerd patiti di cinema popolare dai tempi di Spaced. Il vostro marchio di fabbrica è sempre stato guardare a miti come Spielberg, Landis e Peter Jackson con profonda ammirazione e soggezione come guardate il cielo da cui proviene Paul in varie inquadrature, molto spielberghiane peraltro, del film stesso. La domanda è: dopo il successo internazionale dell’alba dei morti dementi, dopo la collaborazione con Jackson e Spielberg in Tintin, dopo l’esordio hollywoodiano di Paul, dopo essere stati due zombi in un film di Romero… riuscite a mantenere questa sincera fascinazione nei confronti della mitologia cinematografica o ormai siete solo due professionisti che recitano bene la parte dei nerd?
Domanda maliziosa. C’è sempre un undicenne, o al massimo un dodicenne, dentro Simon e me. Ci sono ancora due ragazzini che si vestono da Han Solo per andare a casa di un amico. Se oggi rivedo I predatori dell’arca perduta, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Gremlins o I Goonies provo le stesse emozioni di quando li vedevo in vhs alla fine degli ’80. Credimi.
 
Ti viene mai voglia di dirigere?
Eccome no? Dirigere mi interessa molto. E’ una cosa che farò prima o poi.
 
Prima di Simon?
Prima, prima. Verrò in Italia a farlo!