Paolo Barbieri lavora da oltre quindici anni nel mondo dell'editoria, come illustratore di copertine per romanzi pubblicati da alcune delle maggiori case editrici italiane e internazionali.

I suoi lavori li avrete sicuramente avuti sotto mano: negli anni infatti ha realizzato copertine per romanzi di Michael Crichton, Clive Cussler, George R.R. Martin, Cornelia Funke, Umberto Eco, Wilbur Smith, ma soprattutto tutte le copertine dei romanzi di Licia Troisi (Mondadori) e del fumetto del Mondo Emerso, oltre ai due libri illustrati sempre sul Mondo Emerso (Creature del Mondo Emerso, Guerre del Mondo Emerso -Guerrieri e Creature). Quest'anno è stato artist guest of honor a Lucca Comics & Games, con una mostra antologica a Palazzo Ducale, e sabato scorso ha presentato a Bergamo il suo nuovo libro illustrato, intitolato Favole degli Dei ed edito da Mondadori, del quale ha realizzato sia le illustrazioni che i testi.

Il libro rappresenta una sua interpretazione personale delle divinità della mitologia greca, una interpretazione che è stata inevitabilmente influenzata anche dal cinema. II parallelismo con Immortals avviene un po' per caso, quando lui stesso ci rivela che "con mio stupore, durante la realizzazione di Favole degli Dei, avevo visto proprio sul vostro sito i primi trailer del film, notando una certa affinità visiva e "barocca" con le immagini che stavo creando."

 

 

Come è nato questo progetto?
“Favole degli Dei” è nato per caso. Alcuni mesi dopo la realizzazione di alcune copertine piuttosto “ispirate” e visionarie, disegnai un guerriero che stilisticamente proseguiva il “percorso” inaugurato da quei disegni. Non avevo un fine preciso. Cercavo soltanto di unire l’evoluzione di quello stile con la nuova immagine, che lentamente assunse le sembianze di Ares, il dio della guerra della mitologia greca, o meglio, questa era l’interpretazione che secondo me si sposava perfettamente col nuovo disegno.
Soddisfatto del lavoro, mi misi all’opera con altri due personaggi mitologici, Afrodite e Medusa, che andarono a completare il trittico. Le tre illustrazioni mi piacevano e mi convincevano: le avevo rese molto elaborate, tanto da poter essere eventualmente ingrandite in stampe dedicate per poterne cogliere meglio le sfumature ei particolari. In effetti l’idea che si stava sviluppando era questa: un libro illustrato in cui avere l’occasione di mostrare i disegni nella loro interezza, ma anche ingrandimenti dove il lettore avrebbe compreso meglio lo stile che avevo creato, a metà strada tra fantasy e fantascienza (e a dir la verità, con tante altre infarinature, frutto di anni di disegni e contaminazioni artistiche).
Inoltre scrissi alcuni racconti, in cui descrivevo le vicende di Crono e Medusa, e presentai l’intero progetto alla casa editrice (Mondadori). L’idea piaque moltissimo, e dopo alcune settimane ottenni il via libera. Dopo un anno e mezzo dalla nascita del primo disegno, ho completato “Favole degli Dei”…

Tu non hai realizzato solo le illustrazioni, ma anche i testi. Come hai sviluppato le storie?
La mia intenzione era di sfruttare con la massima libertà tutte le storie e le leggende della mitologia greca. Volevo creare storie in cui si narrassero le origini e i racconti più conosciuti dell’epica greca, per poter poi “deviare” in direzioni arbitrarie ove creare un “mondo parallelo”, e poter scoprire i lati nascosti degli Dei, mostri e delle varie creature mitologiche.
In queste “favole segrete”, volevo avvicinare il lettore all’animo dei personaggi, e mettere in luce aspetti nascosti degli immortali, che ho voluto descrivere non solo come esseri dai poteri infiniti, ma anche come anime in bilico tra bene e male, saggezza e pazzia.
Un eterno dualismo in cui ho voluto  osservare e “ascoltare” i personaggi del phanteon mitologico, non solo con le parole, ma anche con le illustrazioni.

La mitologia greca ha ispirato da sempre anche il cinema. Quanto di cinematografico c'è nel tuo libro, soprattutto nello stile delle tue illustrazioni?
Quando faccio libri illustrati, penso sempre a una storia che possa essere raccontata da scene in movimento, o meglio, cerco di raccontare un film che non c’è.
Spesso immagino sequenze di battaglia e di dialoghi pacati, di paesaggi sconfinati o di angoli bui e claustrofobici: i disegni che inserisco nei miei libri, sono in un certo senso il riassunto di queste fantasie. Io sono cresciuto, oltre che con i film, anche con i meravigliosi poster di Renato Casaro e Drew Struzan: quando ero piccolo, vedevo attaccati ai muri o stampati sui giornali quegli splendidi disegni, che con poche immagini riuscivano spesso a raccontare un’intera storia. Alcuni esempi: Il nome della rosa, Il the nel deserto, Balla coi lupi, i film di Bud Spencer e Terence Hill, Opera, Conan il barbaro, Sandokan, Rambo, Flash Gordon, La storia infinita, Salto nel Buio, Amadeus, L’ultimo imperatore e tanti altri per Renato Casaro. La trilogia di Indiana Jones, Hook capitan uncino, I Goonies, la serie di Harry Potter, le riedizioni della trilogia di Guerre stellari, La cosa, e tanti altri per Drew Struzan.
Insomma, non solo i film, ma le immagini che in quei magici poster calamitavno la mia attenzione, e ispiravano già da allora la mia fantasia.

Quali sono state le tue fonti di ispirazione dal punto di vista visivo per questo progetto?
L’ispirazione è la diretta conseguenza di una vita dedicata al disegno, in cui le infulenze si possono ricercare nei tanti artisti/illustratori che ammiravo in passato (e che ammiro tuttora).
Ma l’ispirazione è anche frutto delle esperienze vissute e delle persone che mi circondano, dei paesaggi immersi nella nebbia, o negli insetti che si muovono tra l’erba.
Passando a una risposta più esaustiva, io sono sempre rimasto affascinato dagli effetti speciali degli anni 70 e 80, in cui era “palese” la natura artificiale di molte  scenografie, ma che riuscivano tuttavia a trasmettermi un fortissimo senso di magia, attraverso quelle illuminazioni artefatte e quella “teatralità” forzata. Ricordo come se fosse ieri la prima volta che vidi la tetra Arboria in Flash Gordon, la rilucente torre d’avorio della Storia infinita, gli angusti corridoi che si aprivano in surreali ambientazioni in Labyrinth e la palude misteriosa di Dagobah.
Quella teatralità forzata, è stata indubbiamente fondamentale per ispirare molti anni dopo l’aspetto visivo forgiato in “Favole degli Dei”, ma credo che ridurre a pochi singoli elementi quella che comunemente viene chiamata “ispirazione”, sia forzatamente riduttivo.

Quali sono i film a carattere mitologico che preferisci?
Scontro di Titani (regia di Desmond Davis, 1981), è stato sicuramente una delle molle che ha fatto scattare il mio amore per il fantastico. Il mago della stop motion Ray Harryhausen ha la capacità di infondere una vera e propria personalità alle sue creature, e  io trovavo irresistibile quella magia che lui riusciva a trasportare in tutti i film per cui ha lavorato, dagli Argonauti al Risveglio del dinosauro.
Nel più recenti Scontro tra Titani (Louis Leterrier, 2010), ho trovato “invenzioni” molto interessanti, specialmente il Kraken, magnifico nella sua possenza, e altre idee visive davvero eccezionali sviluppate nel recente Immortals (Tarsem Singh, 2011).

Sei noto per le tue illustrazioni e copertine fantasy. Cosa ne pensi del cinema fantasy? Quali sono le tue principali fonti di ispirazione in questo senso, se ce ne sono?
Il cinema fantasy mi ha semplicemente folgorato: La storia infinita, Labyrinth, Dark Crystal, Conan il Barbaro, Legend, Ladyhawke, Willow, Scontro di Titani, Gli Argonauti e tanti altri.
E poi il cinema di fantascienza e d’avventura, con Guerre Stellari, Indiana Jones, Dune, Giochi Stellari, Piramide di paura, i Goonies, Blade runner, Terminator, Ghostbusters, Flash Gordon, Il mio nemico, Explorers, Navigator, Salto nel buio.
Guardavo moltissimo la televisione, e andavo meno spesso al cinema, eppure, quando dopo le varie fanfare o ruggiti di turno iniziava lo spettacolo, ero elettrizzato al solo pensiero di poter vedere una storia ambientata nel futuro o in altri mondi.
Più “recentemente” è apparsa la fantastica trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson, e altri film in cui c’è stato un massiccio sfoggio di “opulenza” visiva grazie alle magie del computer (e soprattutto grazie alla bravura di scenografi, disegnatori e addetti ai lavori che hanno saputo dare forma e colori alle storie e alle sceneggiature).
Ho amato anche Avatar: quale commistione di fantasy e fantascienza, è riuscito perfettamente a catapultare milioni di persone in un pianeta immaginario, e aldilà dei pregi e difetti, è un’opera realizzata con un incredibile maestria e padronanza del mestiere.
Dal mio punto di vista, ogni film, bello o meno riuscito, riesce sempre a trasmettermi qualcosa, scatenando il desiderio di poter continuare quelle visioni attraverso fogli, matite e colori (reali o digitali).