Qualche mese fa si è tenuto il residential workshop di Peter Greenaway a Lucca, nel quale il regista ha messo al centro dell’attività lo sviluppo del suo nuovo film, intitolato Lucca Mortis.

Oggi Variety rivela che Morgan Freeman sarà produttore e protagonista della pellicola. L’attore premio Oscar interpreterà uno scrittore la cui ultima avventura sarà molto probabilmente la morte. L’uomo vive a Little Italy, a New York City, e decide di prendersi un anno sabbatico per andare a visitare insieme alla sua famiglia la cittadina di Lucca, in Italia, per ricostruire le origini dei suoi antenati e chiudere alcuni conti rimasti aperti nella sua vita.

Freeman produrrà la pellicola insieme a Lori McCreary e la loro Revelations Entertainment, insieme a Kees Kasander, partner produttivo di lunga data di Greenaway (sarà il loro quindicesimo film insieme). Le riprese inizieranno a marzo del 2020.

“Morgan e io siamo fan dei lavori di Peter da anni, e ci riteniamo davvero fortunati ad avere quest’opportunità per lavorare con lui,” ha commentato la McReary.

Questa la presentazione del regista in occasione del workshop:

Peter Greenaway, regista, pittore e sceneggiatore è considerato come uno dei più significativi cineasti britannici contemporanei, occupando di diritto un posto centrale nel dibattito sul cinema d’autore. Dopo aver frequentato la Forest School di Londra, a dodici anni decide di diventare un pittore e si iscrive al Walthamstow College of Art. Si interessa non solo alle arti figurative, ma anche al cinema europeo, focalizzandosi principalmente sulle opere di Ingmar Bergman e della Nouvelle Vague francese, soprattutto quelle di Alain Resnais e Jean-Luc Godard. Influenzato dal Rinascimento e dalla pittura barocca e fiamminga, crea pellicole caratterizzate dal forte impatto visivo, che basano tutta la loro forza espressiva sulla composizione scenica e ogni piccolo dettaglio, l’illuminazione e i contrasti fra costume e nudità, architettura e natura, oggetti di scena e persone, piacere sessuale e dolorosa morte. La generale staticità delle inquadrature, l’utilizzo dello zoom, di movimenti di camera lenti, soprattutto lungo direzioni ortogonali alla macchina, la presenza delle tecniche del piano sequenza e della carrellata, usati per lunghe sequenze temporali, servono a focalizzare l’attenzione dello spettatore sulla complessità della costruzione scenica, sui dettagli e sul loro significato simbolico. Gli anni Ottanta diedero la fama al regista grazie alle sue maggiori produzioni cinematografiche “i misteri del giardino di Compton House” (1982), “Lo zoo di Venere” (1985), “Il ventre dell’architetto” (1987), “Giochi nell’acqua” (1988), “Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante” (1989). Altri 28 film si susseguono negli anni da “L’ultima tempesta” (1991) a “8 donne e ½” (1999), da “Nightwatching” (2007) fino a “Shchukin, Matisse, Dance and Music” (2016) intervallati da spettacoli teatrali, installazioni digitali e multimediali, performance VJ, attività espositive e la pubblicazione di numerosi libri.

 

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