Oltre al cast di doppiatori italiani e alla cantante Noemi, durante la presentazione stampa di Ribelle – the Brave a Roma abbiamo incontrato a Roma Mark Andrews e Katherine Sarafian, rispettivamente regista e produttrice del film Pixar.

Ecco la nostra intervista!

 

 

Una delle peculiarità di Ribelle – the Brave è la raffigurazione della protagonista Merida non come la classica principessa, ma come una sorta di principessa 2.0, che oltre a essere coraggiosa e ribelle rappresenta anche un modello nuovo, non ha bisogno di un love interest o di un principe azzurro che la venga a salvare. Per quale motivo avete fatto questa scelta?

Andrews: Volevamo sin dall'inizio rompere il concetto originale di principessa. Non crediamo che una donna venga definita dal doversi sposare, dal doversi farsi salvare. Una donna non cerca per forza il "E vissero per sempre felici e contenti". Questo è un film su una eroina che si mette nei guai ma che sa anche togliersi dai guai. E racconta un viaggio di crescita personale.

Sarafian: Inoltre per noi era importante che, nonostante il film fosse ambientato nel passato, vi fossero degli elementi di identificazione per il pubblico e per i cineasti che vi stavano lavorando, e quindi doveva esprimere una certa modernità. La storia d'amore non doveva essere romantica, doveva esprimere un legame con la famiglia, e questo è un tema moderno, perché la priorità oggi non è sposarsi ma scoprire se stessi e capire quale strada percorrere.

Nel film sono presenti più riferimenti al cinema di Miyazaki di quanto già non ce ne fossero negli ultimi film Pixar, che sappiamo ammira molto i lavori dello Studio Ghibli. Sono riferimenti voluti?

Sarafian: Adoriamo i film di Miyazaki, ma la nostra è una storia completamente originale. Ci siamo ispirati al folklore scozzese, le immagini sono certo quelle di una foresta magica, con ambientazioni notturne e una forte protagonista femminile, ma la vera ispirazione arriva dalle antiche favole scozzesi.

Andrews: In realtà io ho preso proprio un momento da Porco Rosso di Miyazaki. Quando Theo guarda Porco Rosso e lo vede come un umano, si volta e poi torna a guardarlo ed è tornato Porco Rosso. Nel film c'è una scena identica in cui Merida vede Mor'du umano, si volta, lo guarda nuovamente ed è tornato orso.

Alcuni elementi di questo film ricordano anche altri film Disney: Koda Fratello Orso, Merida che ricorda Ariel, i tre gemellini che sembrano una versione umanizzata di Qui, Quo e Qua. Si tratta di riferimenti voluti?

Andrews: No. Come narratori soprattutto visivi troviamo riferimenti ovunque, ma non è che se Merida ha i capelli rossi è perché ci siamo ispirati ad Ariel. Sono coincidenze. Qui, quo e qua non ci hanno ispirato nel design dei tre gemelli: in comune hanno solo il fatto che combinano un sacco di guai.

Sarafian: In realtà tutti gli elementi che sono presenti nella storia ci sono per un motivo serio. Merida, per esempio, ha i capelli rossi perché deve emergere dallo sfondo verde della Scozia. I tre gemelli sono tre perché devono poter collaborare insieme e far procedere lo svolgimento della trama. Tutto quello che c'è nel film ci serve per far proseguire la storia, non perché ci basiamo su altro materiale.

Il rapporto tra Merida e sua madre, uno dei punti cardine del film, è un invito a nuove e vecchie generazioni a venirsi incontro?

Andrews: raccontiamo e ascoltiamo storie per dare e imparare delle lezioni. Impariamo da sempre dalle storie, sin da quando eravamo uomini delle caverne. Questo film invita a essere coraggiosi. Un genitore deve essere coraggioso e lasciar andare via i suoi figli, lasciarli diventare indipendenti. Un figlio deve essere coraggioso e imparare ad ascoltare i genitori, mantenendoli nella propria vita. Si può avere un rapporto diverso con i propri genitori, far sì che stiano alle proprie regole, senza bisogno di allontanarli. I genitori sono fonte di supporto, ispirazione e comprensione. E' questo il motivo per cui abbiamo deciso che Merida dovesse avere questa età: sta diventando adulta e deve imparare delle lezioni.