America Latina è finalmente arrivato nelle sale, ma in una versione in parte diversa da quella mostrata in Concorso alla Mostra di Venezia: il finale è stato infatti leggermente modificato per renderlo più comprensibile.

Nella videointervista “A casa di Alò” con Francesco Alò Fabio e Damiano D’Innocenzo hanno fatto luce sui motivi dietro questa scelta:

Abbiamo dovuto interrompere la post-produzione per poter presentare il film ai selezionatori della Mostra; Alberto Barbera è stato molto gentile per averci aspettato fino all’ultimo, permettendoci di partecipare al Concorso. In questo modo però non abbiamo avuto tempo di fare prima un test screening; dalle proiezioni a Venezia, abbiamo così constatato che l’epilogo risultava un po’ criptico e il pubblico parlava solo di questo. Per noi era più importante che si concentrasse invece sull’esplorazione delle tematiche, per cui abbiamo cercato di renderlo più chiaro. Cerchiamo infatti di comunicare col maggior numero possibile di spettatori.

Aggiungiamo così una voce fuori campo, già presente in sceneggiatura e in un primo momento non inclusa, e facciamo due test screening, uno con la versione con la voice over, uno con quella senza. Attraverso un questionario riscontriamo un netto sbilanciamento dell’apprezzamento, che era molto maggiore da parte di chi aveva capito il finale e si concentrava sui temi della storia. Quindi abbiamo deciso di mantenere la voice over per la versione uscita nelle sale.

In America Latina, l’obiettivo dei registi non era infatti “concentrarsi sul plot twist“, quanto “parlare di un uomo, Massimo, che si trova di fronte all’inaspettato, e del suo tarlo, su cui rimane il dubbio se abbia a che fare con l’amore o la mancanza d’amore“. La peculiarità del film sta inoltre nel fatto che:

Lo spettatore vive con il protagonista la sua crisi, sta dentro il suo calvario. Massimo è infatti sempre spaventato e per questo abbiamo scelto un attore come Elio Germano, che arretra sempre. Prima delle riprese, gli abbiamo chiesto di rivedere Cane di Paglia di Sam Peckinpah, il cui protagonista, interpretato da Dustin Hoffman, ha molti punti in comune con Massimo, in quanto goffo e timido. Inizialmente, inoltre, Elio doveva essere sovrappeso, per sottrarre nervosismo al suo volto molto espressivo; poi abbiamo scartato quest’idea perché un uomo che convive con una bambina nascosta per tanto tempo non può essere in salute, mangiare tanto, ma avere la nausea, che tra l’altro era uno dei titoli iniziali che avevamo pensato per il film.

Nelle scelte dei colori e della fotografia, America Latina inoltre doveva richiamare:

Il cinema muto espressionista degli anni ‘20: anche il fatto che il protagonista è pelato rievoca Nosferatu. Per lo stesso motivo il personaggio di Sara Ciocca non pronuncia che fonemi, comunica solo con gli occhi e anche i dialoghi tra gli altri personaggi spesso si risolvono in un nulla di fatto. Volevamo trasmettere la frustrazione che si verifica quando si bypassa il linguaggio verbale, la sensazione di essere in un territorio spaventoso da fine del mondo: senza la comunicazione si cade nell’anarchia che mette in crisi Massimo.

Parlando della ricezione alla Mostra di Venezia, nella chiacchierata è emerso anche un retroscena riguardante il palmarès: “Da voci di corridoio, eravamo molto vicini a ricevere il premio per la miglior regia [poi andato a Jane Campion per Il potere del cane]“.

Potete vedere l’intervista completa a questo link. È necessario avere un abbonamento plus, è possibile accedere a BadTaste+ anche abbonandosi gratuitamente tramite il proprio Amazon Prime al nostro canale Twitch!

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