Quando venne scelta come interprete nel film Le avventure del barone di Munchausen, Sarah Polley aveva appena otto anni ma era già una grande fan dei Monty Python. Il regista del film, Terry Gilliam, membro del celebre gruppo comico, era infatti venuto a Toronto per fare delle audizioni per il ruolo di Sally Salt, la fidata assistente del barone. La scelta cade appunto sulla giovane attrice canadese, notizia che riempie lei e i suoi genitori di una gioia destinata a svanire ben presto una volta arrivati sul set. Nel suo libro di memorie (di cui il Guardian ha pubblicato un estratto), Polley ha infatti raccontato nel dettaglio a cosa è andata incontro durante la lavorazione:

Nel film c’erano molti effetti speciali: scene di battaglia, bombe che esplodevano, viaggi nello spazio e camminate lunari. Per girare una sequenza che prevedeva l’uso di esplosivi, sul set di una città bombardata, mi diedero due batuffoli di cotone da mettere nelle orecchie nel caso in cui il rumore fosse troppo forte per me. Partita la ripresa, iniziai a correre mentre intorno a me c’erano esplosioni di detriti, accompagnate da boati assordanti che mi fecero sentire come se fossi io stessa a eplodere. Corsi, terrorizzata, dritta verso la macchina da presa, inciampando nei binari del carrello. Terry rise e mi guardò perplesso. “Cos’è successo?”, chiese, come se fossi appena scappata urlando da una giostra lenta. Ci volle molto tempo per ripristinare la ripresa e Terry non mostrò alcuna frustrazione per il ritardo, ma non sembrò nemmeno accorgersi della mia paura.

Aggiunge l’attrice:

In diverse scene successive furono utilizzati esplosivi. Una di queste si svolgeva in una barca a remi, posta in una gigantesca vasca d’acqua per simulare il mare. Jack Purvis, Eric Idle [due attori del film] e io eravamo seduti nella barca a remi e dietro di noi c’era Angelo Ragusa (lo stuntman di John Neville, interprete del Barone), che sedeva su un grosso cavallo arabo. Se non ricordo male, una serie di piccole esplosioni dovevano avvenire accanto alla barca, seguite da una più grande, con un esplosivo potente collocato in profondità, sul fondo della vasca. Al primo ciak, le piccole esplosioni spaventarono il cavallo che cominciò a indietreggiare verso di noi. Angelo lo costrinse a saltare in acqua per evitare che ci calpestasse, ma quando questo toccò il fondo della vasca, i suoi zoccoli sollevarono l’esplosivo più grande che, riemergendo, è esploso vicino a me.

La produzione del film si sposta poi in Spagna, ma la situazione non migliora:

Mi ammalai di una malattia che mi fece vomitare e venire la febbre per giorni. Ascoltai, in stato confusionale, mio padre che mi spiegava che non c’era altra scelta se non quella di lavorare. Il giorno dopo, con le gambe che tremavano e la febbre che infuriava, corsi con centinaia di persone fuori dalle porte della città dove si svolgeva l’ultima scena del film, quella della guerra contro i turchi. Dovevo sembrare felice. E l’ho fatto, tra una vomitata e l’altra.

Questa esperienza ha toccato profondamente Polley, che, a distanza di anni, riflette:

E stato difficile per me, per molti anni, capire quanto Terry Gilliam fosse responsabile del terrore provato su quel set: era così infantile e pieno di genuina meraviglia. E così ho dato la colpa ai miei genitori. Per quanto pensassi a lui nel corso degli anni, Terry continuava a vivere ostinatamente nella mia memoria soprattutto come una persona brillante che aveva anche quello sguardo negli occhi caro ai bambini, quello che dice: “Sono contento che tu sia qui”. Non si era mai veramente allontanato da una condizione infantile, ed era dunque come un compagno di giochi con una grande scorta di giocattoli costosi e pericolosi.

Questo porta l’attrice a meditare sull’intera industria hollywoodiana:

Credo che la verità sia che ho lasciato Terry libero in parte perché, anche da bambina, avevo creduto al fascino dell’idea del regista enfant terrible, del genio bianco fuori controllo, un mito che ha dominato la concezione che l’industria cinematografica ha di come la genialità deve necessariamente apparire. Da adulta, sono del tutto intollerante alla feticizzazione di questo archetipo di genio, avendo visto, in prima persona, grandi opere realizzate da persone oneste e coscienziose, e avendo assistito a una forte insofferenza nei confronti di registi donne o BIPOC [termine per indicare neri indigeni e persone di colore] che mostrano simili segni di irresponsabilità. Terry ha vissuto a lungo nell’immaginario del mondo del cinema come un “genio pazzo” la cui follia e incoscienza hanno in qualche modo elevato il suo lavoro.

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