Certo che avrei potuto fare L’aereo più pazzo del mondo oggi, solo senza battute!”. Non la manda certo a dire David Zucker in un articolato pezzo d’opinione sul New York Post. Il regista, membro del trio Zucker-Abrahams-Zucker, e creatore di film come Top Secret! e Una pallottola spuntata, riflette sulle cause di una crisi della comicità moderna.

L’attacco non è solamente al politicamente corretto, ma ad una mutata sensibilità rispetto ad alcuni grandi temi, come ad esempio l’intolleranza razziale, l’abuso di sostanze e il sesso. Prima di addentrarci nelle sue argomentazioni occorre specificare che Zucker non discute se la crisi ci sia effettivamente, o se semplicemente l’arte della risata si sia adattata ai tempi trovando nuove forme. Non c’è dubbio per lui. La sua prospettiva è quella di un cantore della fine dell’umorismo, o per lo meno dell’impossibilità di dire certe cose o di fare determinate battute.

La comicità non è morta. È spaventata. E quando qualcosa è spaventato si nasconde. Come risultato di queste decisioni basate sulla paura, alcune delle migliori menti della commedia hanno abbandonato la risata per dei progetti brillanti ma seri come Joker di Todd Phillips e Chernobyl, di Craig Mazin. Questi uomini hanno collaborato su due film di Una notte da leoni che sono andati benissimo al box office.

Alla base di queste defezioni dal mondo della comicità c’è, secondo David Zucker, la paura di una reazione negativa da parte dei commentatori che scrivono online. Per questo l’umorismo si è ridotto a “battute di cinque secondi e anonimi meme su internet”, mentre le commedie al cinema sono a suo dire roba da poco. 

Sbagliare una battuta, o spingersi troppo oltre, può creare un contraccolpo negativo online capace di terminare carriere in pochi minuti. Questo terrore paralizza la creatività, castra il processo di costruzione della risata? Per David Zucker sì.

Lamenta infatti che scene come quelle di L’aereo più pazzo del mondo oggi non sarebbero accettate. Come quella in cui due personaggi neri parlano con un’inflessione gergale così stretta che diventa incomprensibile. Una signora bianca (ritratta anche lei come lo stereotipo dell’anziana casalinga americana) interagisce con loro parlando lo stesso dialetto e li traduce al resto dei passeggeri. La sua argomentazione diventa qui leggermente contraddittoria. Perché in un primo momento difende la battuta, giustificandola come mirata a prendere in giro sia le persone bianche che quelle nere, senza offendere nessuno. 

 

 

Più avanti ammette di non capire quale sia il problema nel fare una battuta che fa ridere il pubblico anche se è leggermente offensiva. “Perché soddisfare la minoranza che è indignata quando la maggior parte delle persone sembra ancora avere voglia di ridere?”. Intendendo con minoranza non quella etnica, ovviamente, ma quella piccola parte di persone che potrebbero offendersi. Secondo il suo calcolo sono 30 milioni di persone su Twitter. Ovvero: il 9% della popolazione Americana. 

Oggi il 9 percento può nascondersi dietro uno schermo e i social media mentre attaccano ogni persona la cui battuta li ha offesi. I “9 percento” di 40 anni fa dovevano pensare due volte a quello che condividevano pubblicamente, perché alla fine, dovevano metterci la faccia sulle loro reazioni. Senza questa responsabilità è troppo facile per i “9 percento” di oggi attaccare e far vergognare gli scrittori fino a farli desistere nel proseguire in questo genere. 

La comicità per David Zucker serve invece oggi più che mai. Il clima politico divisivo traccia linee nette nel paese e nei rapporti umani. Invita a capire che l’umorismo è migliore e serve di più quando si è nel momento più oltraggioso della storia recente. Serve per ridere di noi stessi e del mondo. L’umorismo si realizza quando c’è un qualcosa di inaspettato e sorprendente. Ma per trovare una sorpresa divertente occorre saper interpretare la battuta oltre il suo significato letterale. Saremo ancora in grado di farlo?

Fonte: NY Post

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