Dopo i ben noti grattacapi avuti dalla Disney tanto in Cina quanto negli Stati Uniti con Mulan, il trionfo di Chloe Zhao e del suo Nomadland ai Golden Globe è stato offuscato, per lo meno nella nazione asiatica, da una veemente ondata di polemiche. Il motivo? Che si tratti di Coronavirus o di cinema è sempre quello: la scarsa “propensione” delle autorità cinesi, e della frangia più nazionalista dei frequentatori dei social, ad accettare delle critiche.

Cerchiamo di fare chiarezza, anche grazie a quanto pubblicato da Variety.

Nella giornata di venerdì, Nomadland è stato censurato sul web cinese in seguito a delle proteste scaturite dopo il riaffiorare online di questioni collegate alla nazionalità della regista Chloe Zhao e ad una dichiarazione decisamente critica verso il “sistema-Cina”. Tutto nasce a margine di un video registrato in cinese dalla filmmaker in vista della release di Nomadland nell’importante mercato, uscita che, a questo punto, potrebbe anche essere ritenuta a rischio.

Nel filmato, la regista spiegava:

Questo film è stato reso possibile dalla passione, dal duro lavoro e anche dalle storie di vita di tanta gente. Spero che, attraverso le loro storie, possiate approcciarvi alla vostra vita in maniera personale, diventando gli scrittori della vostra storia di vita.

Chloe Zhao, nata a Pechino e nota in Cina anche per essere la figliastra della popolare l’attrice Song Dandan, si è ritrovata nell’occhio del ciclone dopo che alcuni utenti di Weibo, la popolare piattaforma social cinese, hanno scovato un paio d’interviste rilasciate dall’attrice ad alcuni media stranieri, interviste che, a quanto pare, sono state modificate di recente in vista della promozione di Nomadland. Eppure, le parti incriminate, sono state comunque scovate.

Nella prima, Zhao ammetteva col sito australiano news.com.au che “Ora gli Stati Uniti sono la mia nazione”, una presa di posizione che non ha incontrato i favori di svariati frequentatori della piattaforma. Il commento era inizialmente apparso in un articolo risalente allo scorso 25 dicembre ed è stato rimosso, come specificato da Variety, il 16 febbraio. Grossomodo una settimana prima dell’approvazione all’uscita cinese di Nomadland da parte delle autorità censorie statali.

La seconda intervista risale al 2013 ed era stata rilasciata al newyorkese Filmmaker Magazine. In quella sede, Chloe Zhao aveva avuto la possibilità di spiegare perché lei, cinese, avesse scelto di raccontare col suo Songs My Brothers Taught Me, la storia di una nativa americana del Nord Dakota:

Si ricollega tutto a quando ero adolescente in Cina, al vivere in un posto dove le bugie sono dappertutto. Hai come quest’impressione di non riuscire mai a uscirne. Un sacco delle informazioni che mi venivano fornite quando ero più giovane non erano vere e, crescendo, sono diventata molto ribelle verso la mia famiglia e il mio background.

Gli screenshot di queste due interviste sono stati postati e tradotti nel web cinese, causando le ire dei nazionalisti: c’è anche chi si domanda se sia appropriato sostenere che quella di Nomadland ai Golden Globe sia, alla luce di ciò, “una vittoria cinese”, una narrazione molto frequente dai media cinesi sostenuti dal Partito Comunista, sempre molto propensi a suonare le corde del nazionalismo.

Fortunatamente c’è anche chi è rimasto spiazzato dalla portata di queste polemiche e da come le “questioni sulla nazionalità” abbiano sviato dall’importanza di un premio attribuito a una regista donna e, per di più, asiatica.

Chiaramente, i più critici hanno spinto la polemica della dietrologia andando anche a spingere sui privilegi avuti da Chloe Zhao, la matrigna molto celebre, un padre a capo di svariate imprese controllate dalle autorità cinesi. Scrive un commentatore: “Una delle aziende del padre ha licenziato lavoratori in massa, ma la figlia del boss ha comunque avuto la possibilità di studiare oltreoceano grazie ai soldi ottenuti con le lacrime e la fatica della gente e ora scappa fuori con la storia delle bugie dappertutto”.

Ed eccoci arrivare alla purga online di venerdì che ha portato alla scomparsa dei riferimenti a Nomadland su Weibo, Duban e le varie piattaforme di blogging.

Nelle prime ore del giorno, i poster promozionali della pellicola sono magicamente spariti da Duban. Così come le menzioni alla sua data di uscita.

Poi è toccato alle testimonianze su WeChat. C’è chi, sulla “versione cinese” di WhatsApp ha spiegato essersi ritrovato col blog censurato – chiaramente si parlava di contenuti che avevano a che fare con Nomadland – e di aver ricevuto messaggi che recitavano “Dopo aver esaminato la piattaforma abbiamo constatato delle trasgressioni alle regole sullo Sviluppo e la Gestione delle Informazioni Pubbliche sulle Piattaforme di Messaggistica Instantanea”.

Nello specifico si trattava di due articoli: “This Film Industry Person Probably Knows Chloe Zhao Better Than Anyone in the World” e l’innocuo “‘Nomadland’ Sets a April 23 China Release; Chloe Zhao Becomes the First Asian to Win the Best Director Golden Globe”.

Poi è stata la volta di Weibo, un social simil-twitter, dove le ricerche collegate alla pellicola sono state bloccate. Cercando gli hashtah #Nomadland o #Nomadland rekease date” si ottiene la seguente risposta: “La pagina relativa a questo topic non può essere raggiunta per ragioni collegate alla legge, alle regole e alla polici della piattaforma”. A quanto pare, gli hashtag #NomadlandMovie”, #ChloeZhao” e “Chloe Zhao Wins Golden Globe for Best Director” sono, però, ancora raggiungibili.

Decisamente più preoccupante in vista di un’eventuale distribuzione cinese di Nomadland è la scomparsa della data di uscita del 23 aprile da due delle principali piattaforme di vendita online di biglietti cinematografiche, Maoyan e Tao Piaopiao.

Ad oggi, lo specifichiamo, il destino cinese di Nomadland non è ancora chiaro.

Ovviamente, terremo gli occhi bene aperti in vista di eventuali aggiornamenti.

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