Giuseppe Rotunno (noto come Peppino Rotunno) è morto domenica a 97 anni. Si è spento uno dei più grandi maestri della fotografia di sempre: una carriera sconfinata che lo ha fatto lavorare al fianco di giganti del cinema italiano come Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini, Roberto Rossellini, Mario Monicelli, Lina Wertmuller, Massimo Troisi e Roberto Benigni, Roberto Faenza, Dario Argento, e registi internazionali come John Huston, Mike Nichols, Bob Fosse, Robert Altman, Alan J. Pakula, Terry Gilliam, Sidney Pollack, Stanley Kramer.

Primo autore non americano a essere ammesso all’American Society of Cinematographers (il sindacato dei direttori della fotografia) negli anni sessanta, ottenne una nomination all’Oscar per la migliore fotografia nel 1980 per All That Jazz – Lo spettacolo continua di Bob Fosse. Due le nomination ai BAFTA: una per Il Casanova di Federico Fellini e All That Jazz. Nel corso della sua carriera ha ricevuto otto Nastri d’argento, due David di Donatello e un David alla carriera.

Sconfinata la sua filmografia, che inizia negli anni quaranta al fianco di registi come Renato Del Frate, Primo Zeglia, Vittorio De Sica e Roberto Rossellini come assistente e operatore di ripresa. Nel 1952 firma la fotografia di Cristo non si è fermato a Eboli, che vince come miglior documentario al Festival di Venezia. Negli anni cinquanta lavora quindi a film come Pane, Amore e… di Dino Risi, Le notti bianche di Luchino Visconti, Anna di Brooklyn di Vittorio De Sica e Carlo Lastricati, L’ultima spiaggia di Stanley Kramer e La grande guerra di Monicelli. Negli anni sessanta lavora a capolavori come Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, Cronaca Familiare di Valerio Zurlini (Leone d’Oro), Il Gattopardo di Visconti, Ieri oggi domani di Vittorio De Sica, La Bibbia di John Huston, Lo straniero di Visconti, Il segreto di Santa Vittoria di Stanley Kramer, Fellini Satyricon di Federico Fellini.

Nel decennio successivo il sodalizio con Fellini si consolida con film come Roma, Amarcord, Il Casanova di Federico Fellini, Prova d’orchestra, proseguirà negli anni ottanta con La città delle donne, E la nave va.

Indimenticabile il suo lavoro in Cinque giorni una estate, l’ultimo film di Fred Zinnemann, così come pellicole degli anni settanta e ottanta del calibro di Conoscenza carnale di Mike Nichols, Film d’amore e d’anarchia di Lina Wertmüller, Non ci resta che piangere di Roberto Benigni e Massimo Troisi. Con Sergio Corbucci firma Il bestione, Ecco noi per esempio, Bello mio bellezza mia, mentre per Anna Maria Tatò lavora a Desiderio, La notte e il momento e il suo ultimo film Marcello Mastroianni: Mi ricordo, sì, io mi ricordo.

Negli anni ottanta e novanta si evidenziano anche le collaborazioni internazionali come Yado di Richard Fleischer, Le avventure del barone di Münchausen di Terry Gilliam, A proposito di Henry e Wolf – La belva è fuori di Mike Nichols, Sabrina di Sydney Pollack. Il suo penultimo film, del 1996, è La sindrome di Stendhal di Dario Argento.

Fino al 2013 Rotunno è stato anche responsabile del corso di Direzione della Forografia al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.

Riprendiamo il tributo del direttore della Biennale di Venezia Alberto Barbera:

Giuseppe Rotunno ci ha lasciati a 97 anni, alla fine di una vita contrassegnata da una straordinaria serie di capolavori ai quali ha dato il contributo fondamentale del suo genio di ‘maestro della luce’. Impossibile immaginare che cosa sarebbero stati “Il Gattopardo”, “Amarcord”, “Rocco e i suoi fratelli”, “Casanova”, “All That Jazz”, “La grande guerra” e tanti altri, senza l’impronta originale, personalissima e straordinaria della fotografia da lui creata, al servizio dei più grandi registi della seconda metà del Novecento. Di loro, tutti si ricordano mentre spesso si fa fatica a memorizzare il nome di collaboratori fondamentali senza il cui contributo creativo quei film non avrebbero visto la luce, o sarebbero stati comunque diversi. E allora diciamo grazie a Giuseppe Rotunno e ricordiamoci per sempre di lui, perché molti di quei capolavori portano la sua firma, subito sotto quella del loro autore.

 

 

 

 

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