Sabato scorso, durante il junket che ha preceduto la FanTastic Zoolander Night di Roma, abbiamo fra le altre cose avuto la possibilità di partecipare a una lunga roundtable con Ben Stiller, attore, regista e sceneggiatore che non ha bisogno di particolari presentazioni a meno che non abbiate vissuto lontani da qualsiasi mezzo di comunicazione negli ultimi 25 anni.

In quel caso, non possiamo essere noi a risolvere il problema.

Insieme a una decina circa di colleghi della stampa italiana, abbiamo potuto discutere insieme a questo splendido cinquantenne della lavorazione dell’attesissimo Zoolander 2, nei nostri cinema a partire dal prossimo 11 febbraio, della riprese a Roma, delle varie scelte di casting, musicali, make-up, del ricordo di David Bowie e di un sacco di altri argomenti che non vi anticipiamo.

Come da prassi su queste pagine, nel riportare le domande poste durante la tavola rotonda, ho evidenziato quelle poste direttamente dal sottoscritto alla star newyorkese.

 

Ben Stiller

 

Come per tutti i sequel, hai dovuto fare qualcosa che fosse simile al primo, ma, allo stesso tempo, differente. Quello che ti domando è: quali sono le caratteristiche principali di un film di Zoolander?

Beh, ha delle qualità che sono solo sue, è fatto di personaggi specifici che si muovono all’interno di questo mondo. Quella di Derek e Hansel è una realtà piuttosto unica nel suo genere. Per me si trattava di rifare un film che avesse le stesse vibrazioni del primo, ma, allo stesso tempo, che fosse anche differente. Non ho pensato nei termini di “cerca di non fare questo e fai quest’altra cosa”. Abbiamo provato a restare ancorati al genere di scherzi e battute tipiche di Zoolander, ma in un contesto variato, in cui lo scenario è mutato.

BT: Complimenti per il film e grazie per essere con noi quest’oggi. Visto lo strano destino del primo capitolo, è stato ostico ottenere il budget dalla Paramount?

In realtà volevano già loro fare il sequel e dopo qualche anno dalla release di Zoolander avevamo cominciato a lavorarci su. Era intorno al 2005. Poi dopo sai, si parla e si parla e si perde il momento buono. Un paio di anni fa lo studio ci ha ricontattato nuovamente per chiederci “Ehi, avete ancora delle idee per Zoolander 2? Perché vorremmo davvero farlo!”. Poi personalmente ignoro come studino le metriche sull’interesse delle persone, sulla presenza di persone disposte a vederlo – e chiaramente spero che siano. Non so quante interviste ho rilasciato nel corso di questi ultimi anni in cui mi è stato chiesto “ma quando farai Zoolander 2? Quando girerai Zoolander 2?”. Alla fine ho capito che, prima o poi, l’avrei fatto.

BT: L’apparizione di Derek Zoolander al Saturday Night Live nel 2011 è stata importante per tastare il terreno? Per capire che là fuori c’era una pletora di gente che ama questo personaggio?

Oh… sai… beh, sì quella è stata una cosa carina. Non penso si sia trattato della chiave di volta che ha avviato la nascita di questo film, ma è stato molto piacevole vedere come Derek è stato accolto.

In Zoolander 2 compaiono un sacco di persone già viste nel primo. Ti è balenata in testa l’idea di far ripartecipare anche Donald Trump?

No, affatto [ridiamo insieme a lui, ndr.]. Credo sia occupato a fare altre cose, è impegnato in un’altra commedia, tutta sua.

Il film ha quelle grandi intuizioni, quella freschezza delle migliori commedie degli anni 50 e 60.

Oh, wow, grazie.

Sì, quelle 60’s extravaganza piene di attori, dove l’umorismo è così intelligente…

Abbiamo cercato di ottenere e inseguire questa specie di equilibrio fra alcune battute e situazioni realmente ridicole e altre che potrebbero essere definite come più intelligenti, ma molto spesso è anche il pubblico che ti fa capire, grazie ai test screening, quello che funziona e non fuzniona, quello che viene apprezzato e quello che non piace. Poi è naturale: quando fai un film metti in piazza un’opera che, come in questo caso, io credo sia divertente, ma non hai la certezza matematica che possa poi essere percepito allo stesso modo dal pubblico. Anche perché in questo caso si tratta della mia prima volta alle prese con un sequel, non avevo mai diretto o co-sceneggiato un numero 2. Come attore ne ho fatti un po’, ma si tratta di processi artistici differenti. In questo caso ho pensato di rivolgermi a tutte quelle persone che amano Zoolander, i suoi personaggi, il suo folle mondo, non ho cercato di catturare la simpatia di chi non li conosce, mi sono rivolto principalmente ai fan. Poi l’augurio che ci facciamo è che anche altri possano scoprirlo e apprezzarlo.

E della tua relazione con la città di Roma?

Oh, beh è un posto che amo. Sai, quanto tempo è passato… Dieci anni? Insomma, avevo visto questo documentario Valentino: The Last Emperor, ambientato qua e ho avuto l’idea di girarlo qua. Di adattare la storia a questi luoghi in cui il respiro è comunque internazionale, fortemente europeo. Roma è una città così smaccatamente cinematografica, ha una storia infinita alle sue spalle, poi l’eredità dei film degli anni sessanta e settanta, credo avesse delle sfumature che potevano fondersi in maniera perfetta con lo spirito di Derek e Hansel, con quello che sono.

È per questo che impieghi molte vetture old fashioned? Negli sfondi delle inquadrature romane si vedono solo macchine d’epoca.

Massì, mi faceva ridere il pensiero di Derek e Hansel alle prese con le loro Vacanze Romane.

BT: Poco fa ho parlato con Justin Theroux e mi ha detto che l’Italia era appunto sempre stata presente nella sceneggiatura, ma che prima c’erano anche altre location. Puoi dirmene qualcuna?

C’erano sicuramente più passaggi ambientati a New York, specie all’inizio. Ma abbiamo ancora questo estremo, nordico New Jersey [risate di tutti, ndr.], una location davvero ostica dove girare! Poi Malibù… C’era Parigi… Ma poi abbiamo deciso di focalizzarci maggiormente su Roma, sarebbe stata la località principale con cui divertirsi.

È interessante come tu sia migliorato tantissimo come regista, la scena iniziale è davvero inusuale per una commedia. Ma anche con le tue collaborazioni, per Tropic Thunder avevi il direttore della fotografia di La Sottile Linea Rossa, qua quello di Il Risveglio della Forza. C’è l’impressione che tu voglia costantemente metterti alla prova dietro la macchina da presa.

Volevo che la pellicola avesse una certa portata, che fosse importante per così dire. Sai la premessa della storia è così assurda che volevo ci fosse questo valore aggiunto perché, come spettatore, è una qualità che mi piace vedere. Era un fattore presente anche nel primo Zoolander, ma in questo è palesemente maggiore anche solo per la scelta di volerlo fare a Roma e dare vita a questa tela ben più vasta e ricca. Ma poi è realmente divertente fare qualcosa che abbia questa forte identità, quasi di genere, in un contesto completamente ridicolo come quello di Zoolander 2. Poi io amo i film, amo farli e quindi si tratta di confezionare, ogni singola volta, una pellicola che sia il più possibile riuscita, al meglio delle sue possibilità. E quando fai un lungometraggio come questo si tratta anche di sperimentare un pochetto utilizzando toni e sfumature diverse che puoi dosare ed equilibrare anche in fase di montaggio. Il primo montato era di ben due ore e mezzo. E la prima volta che lo fai vedere a qualcuno pensi già che sia perfetto così e che debba durare 150 minuti. Ma poi dai test screening comprendi che forse è meglio limare un po’. Pure questo lato del confezionare un film lo trovo parecchio interessante e stimolante.

Tornando indietro al primo film, cosa ci puoi dire di David Bowie?

Me lo ricordo davvero come una persona estremamente gentile e posso dire di essere rimasto davvero sorpreso del suo “sì”, del fatto che abbia accettato il cammeo che gli avevo proposto. Perché mi ero detto tra me e me “Wow, sarebbe davvero fico avere David Bowie nel film”, gli mandai una mail e lui mi rispose tranquillissimamente in modo affermativo. È come se avesse legittimato in qualche modo il film. Poi lui era anche un bravissimo attore, una persona graziosa che faceva sentire a proprio agio tutti, nonostante noi fossimo tutti estremamente consapevoli di essere al cospetto di una vera e propria icona.

BT: Magari sono solo io che penso troppo, però non trovo casuale che questo sequel così riuscito e fresco sia arrivato dopo un film che amo come I Sogni Segreti di Walter Mitty che per me è anche un po’ l’effettiva chiave di volta della tua carririera, della tua maturità artistica. In sostanza: sono solo io che sto esagerando con l’overthinking?

Sai, dopo aver fatto Walter Mitty, come regista, avvertivo il desiderio di lavorare con un altro attore, uno che non fosse me stesso, ma Derek Zoolander [risate fra i presenti, ndr.] che è più un modello che un interprete per cui come filmmaker ho pensato fosse una bella sfida cercare di tirare fuori qualcosa da lui. No, dai comunque scherzi a parte, il film ha cominciato a prendere forma mentre… Fammi pensare… dopo… anzi, no, proprio mentre mi avviavo al termine della lavorazione di Walter Mitty. E aveva un po’ una sua identità e ragion d’essere propria e tornare a lavorare con Zoolander è stato un vero e proprio spasso, giocherellare come puoi fare con personaggi e situazioni come queste. Poi è sempre divertente lavorare con Owen, Will e gli altri divertentissimi interpreti che abbiamo in Zoolander 2. Ho riso tantissimo. Poi riuscire a produrre e girare il film a Roma ha aggiunto un production value che solo una città come questa può conferire.

BT: Ma quindi la scelta di Kristen Wiig è avvenuta perché avevi già collaborato con lei in I Sogni Segreti di Walter Mitty o…

No, inizialmente per Alexanya stavo per ingaggiare un’attrice più vecchia, qualcuno che fosse completamente differente da lei, poi dopo dovevamo fare una rilettura dello script e chiesi a Kristen di leggere quella parte e durante questa lettura era così zoolander 2divertente – e non è una cosa sorprendente se ci pensi visto che è una grande attrice. Ricordo che ero letteralmente rapito dalla sua follia e proprio per questo motivo dovevo assolutamente chiederle se voleva prendere parte al film. Ho fermato tutti i casting e lei, fortunatamente, ha detto sì. E sono felice che tutto sia andato in questo modo.

BT: Chi ha avuto l’idea del suo look, dei labbroni, della sua parlata resa anche più assurda dal botox…

Guarda, volevamo creare qualcosa che non fosse grottesco, ma  bello, in un certo qual modo, con questo look pompato e pieno di botox, filler e collagene. Abbiamo lavorato con Mark Couiler che è un make-up artist stupefacente, è lui che lo ha realizzato praticamente dopo che, in fase di studio, abbiamo provato qualche differente iterazione del trucco. Poi una volta che l’abbiamo messo addosso a Kristen ha cominciato letteralmente a impossessarsi del personaggio e ha iniziato a crearlo giocando con Alexanya.

Cosa ci dici della musica di Zoolander 2? Questo versante è sempre molto importante nei tuoi film.

Per me la musica in Zoolander 2 è fondamentale perché è una commedia e la musica deve fornire un valido supporto. A volte uno non ci pensa, ma la giusta canzone, l’adeguato commento musicale possono davvero dare una marcia in più a una scena. Può essere creata per generare aspettative nel pubblico circa quello che sta per accadere. Ho lavorato a un sacco di scene insieme a Theodore Shapiro, con cui lavoro dai tempi di tropic Thunder… è incredibilmente talentuoso, abbiamo esaminato tantissimo il film andando di continuo avanti e indietro per capire quale fosse la tonalità adeguata per ciascun attimo. Il lavoro di composizione della colonna sonora è stato davvero importantissimo, così come la selezione delle canzoni impiegate, alcune delle quali ovviamente prese dal primo episodio perché dovevano richiamare alla mente qualcosa. Theodore ha composto una partitura davvero eccellente, con musiche che esaltano alcuni momenti, ma anche in grado di fare dei passi indietro quando necessario.

Hai ripreso svariati elementi dal primo film, trattandoli, questa volta, come se fossimo alle prese con un film di supereroi. Anche Mugatu, è un vero e proprio villain, un’autentica nemesi quasi fumettistica.

Massì, cioè già dal primo film ho trattato Derek e Hansel come se fossero i due supereroi del film e non è che si è trattato di una mossa intenzionale, quanto di uno sviluppo organico… Basta che ripensi al finale del primo film con Zoolander che blocca l’arma a mezz’aria con la Magnum. Nel sequel si è trattato di spngere ancora un po’ più in là il tutto. Anche assumendoci una certa dose di rischio, perché magari il pubblico potrebbe dire “Vi siete spinti troppo oltre”, ma per me è lì che risiede il divertimento, il tentare di percorrere un sentiero che non avevo ancora calpestato. Il primo film magari era ispirato ai thriller, agli spy movie degli anni sessanta e settanta, questo magari è finito per essere influenzato in qualche maniera dai film più recenti.

Per me il cammeo più divertente è quello di Benedict Cumberbatch. Come sei riuscito a ingaggiarlo?

Stavo parlando con lui circa un altro film e chiacchierando del più e del meno mi ha rivelato di essere un grande fan del primo Zoolander. E mi ha dichiarato “Eh, se ti capita di farne un altro fammi sapere se hai modo di farmi partecipare che mi piacerebbe tantissimo!” io lì per lì “Oh, si se avrò modo”…. E intanto dentro di me pensavo “Oh, figata! Cumberbatch vuole essere nel mio film!”. E quando gli ho descritto questo nuovissimo supermodello ha deciso di divertirsi un po’.

Raccomanderesti Roma ad altri tuoi colleghi?

Sì, anche se è stato molto intenso. Prima d’iniziare a girare ho parlato un po’ con Wes Anderson che aveva girato qua Le Avventure Acquatiche di Steve Zissou a Cinecittà… Alla fine di questa esperienza ho imparato a vivere con i ritmi della crew italiana, mi sarebbe piaciuto anche sapere l’italiano in maniera tale da riuscire a comunicare in modo più diretto, perché qua tutti lavorano in maniera molto specifica, personale, se dovessi tornare a girare un film qua saprei muovermi in maniera molto più comoda, agevole. A volte, all’inizio, magari mi sentivo frustrato, ma poi ho capito che si trattava solo di un diverso modo di lavorare. Certe cose di Zoolander 2 avrei potuto ottenerle solo in Italia dove c’è un modo di porsi di fronte al lavoro diverso da quello americano, c’è un legame più personale con quello che si fa e c’è una grande sensibilità verso quello cui si sta lavorando. Con le crew americane non c’è lo stesso livello di sensibilità, non c’è lo stesso amore, la stessa passione verso la professione. Chiaro, non voglio fare un discorso generalizzato verso le maestranze americane sia chiaro, ma a volte arrivano, timbrano il cartellino… Qua il film è stato vissuto da tutti in maniera più intima, personale. E ho davvero amato quest’attitudine.

 

 

ZOOLANDER 2 PREMIERE E JUNKET A ROMA – TUTTE LE NOSTRE ESCLUSIVE

Zoolander 2, scritto da Justin Theroux e diretto da Ben Stiller, vedrà ancora una volta come protagonisti Ben Stiller e Owen Wilson nei panni di Derek Zoolander e Hansel. Confermati anche Christine Taylor (Matilda Jeffries), Cyrus Arnold (Derek Zoolander Jr.) e Will Ferrell (Mugatu). Nel cast anche Kristen Wiig e Penelope Cruz. Le riprese si sono svolte a Roma.

L’uscita del film è prevista per il 12 febbraio 2016, per l’11 febbraio in Italia.

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