Alessandro De Rosa, biografo di Morricone, ci parla del film Ennio e dell’eredità del grande compositore

Ennio
di Giuseppe Tornatore
al cinema
In occasione dell’uscita nelle sale del film Ennio, nel nuovo appuntamento con il BAD TIME di Francesco Alò è stato ospite Alessandro De Rosa, autore di Inseguendo quel suono, libro su e con Ennio Morricone che gli è valso il ruolo di biografo dentro il documentario diretto da Giuseppe Tornatore. L’ospite ha raccontato come nasce la sua lunga collaborazione con Morricone:

L’8 maggio 2005, Ennio tiene una conferenza allo spazio Oberdan di Milano. Nell’occasione, gli lascio un disco con alcune mie composizioni, una lettera, in cui gli chiedo cosa ne pensa in particolare della traccia n°11 Sapori del bosco, il mio numero di cellulare e quello del telefono di casa dei miei genitori. Il giorno dopo, lui mi chiama, ma io ero via e non sento il cellullare che squilla. Così prova con quello di casa: risponde mia madre, che si dimentica di chiedergli il numero. Fortunatamente lo aveva lasciato nella segreteria del mio cellulare, così riesco a richiamarlo ed entriamo in contatto. Di dischi ne avevo dati molto in giro e non era affatto scontato che Ennio desse attenzione a un giovane.

Ricordando il grande compositore recentemente scomparso, De Rosa sottolinea in particolare l’approccio alla vita e alla professione:

Ennio riteneva che il talento fosse qualcosa da costruire col sudore della fronte. Da questo derivava il suo impegno, la costanza giornaliera nel lavoro: parlava di sé come di un monaco benedettino, con l’idea che la perseveranza crea valore. Ha messo tutta la sua vita dentro le sue composizioni. Credeva nei personaggi dei film che musicava, si immedesimava, entrava in contatto con la loro psicologia. La sua musica ci sposta emotivamente, ci fa vedere il mondo da un altro punto di vista. Ci fa perdonare un personaggio che ci stava antipatico o amplificare un sentimento di ribellione contro una prevaricazione, come nella storia di Sacco e Vanzetti.

Questo si riflette anche nella sua capacità di lavorare con personalità quanto più diverse: negli anni ’60 passava da Sergio Leone a Pier Paolo Pasolini. Come compositore, ha abbracciato il XX secolo in tutta la sua complessità: cercava sempre cose diverse che lo accrescessero, mettendo insieme le esperienze. Toccava ambiti separati, a volte anche apertamente ostili. Bernardo Bertolucci [con cui Morricone ha lavorato per diversi film, tra cui Novecento] mi ha raccontato che quando accettò di lavorare alla sceneggiatura di C’era una volta il West, parte del suo pubblico lo accusò di essersi venduto al cinema popolare.

La chiacchierata si è poi spostata sul film Ennio, che De Rosa descrive come “una grande opportunità: non è esaustivo, come del resto non potrebbe esserlo nessun film su una vita intera, ma è intriso d’amore. La nostra speranza è che apra le porte a più persone possibili, invitandole a interessarsi di musica“.

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