La recensione di Generazione Low Cost, al cinema dal 12 maggio

Più che low cost, la generazione rappresentata dai registi e sceneggiatori Julie Lecoustre ed Emmanuel Marre è una generazione senza speranza, disillusa, che tramite l’affermazione dei suoi desideri (mutevoli, incerti, raccontati davanti a un drink o tra una sigaretta e l’altra) cerca di mascherare come può un vuoto, nascondendolo dietro l’unica valuta che pensa di possedere: l’ostentazione della sua libertà.

Alienata e resa a-sentimentale (in nome di un’efficienza massima del servizio) dalla formalità di una divisa e dalla forzatura di un sorriso continuo, Cassandre (Adèle Exarchopoulos), come le sue colleghe hostess della compagnia low cost per cui lavora deve reprimere sé stessa, le sue emozioni e il suo passato – tra alcol e relazioni a scadenza breve – per tenersi stretto un lavoro senza garanzie di futuro. In questo lavoro l’immagine regna (priva di emozione, ma dal forte valore simbolico: lo status social...